I Gianduiotti.

Per una volta usciamo dai confini della regione Emilia-Romagna per raccontare la storia di un cioccolatino particolare, nato in tempi di difficoltà commerciali e doganali, che vanta anche un record personale. Stiamo parlando del gianduiotto.

Come voi tutti saprete, cari lettori, il gianduiotto è un cioccolatino della tradizione piemontese. Nasce ufficialmente nel 1865 e ha, dunque 155 anni. La ricetta è piuttosto semplice: cacao, zucchero e… nocciole. Ma come si arriva a questa ricetta, va raccontato…

Siamo, dunque, nel 1865. A governare la Francia è Napoleone III il quale ha, da qualche anno, sostituito la Seconda Repubblica con un ritorno all’Impero. Napoleone vuole far ritrovare alla Francia quella Grandeur che aveva perso dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Waterloo e il conseguente ritorno in auge delle monarchie nazionaliste in tutta Europa. Per questo decide politiche di apertura commerciale e industriale. E fa bene, perché l’economia francese torna a crescere. Tuttavia, l’abbattimento dei dazi e dei blocchi commerciali, non si riverbera dappertutto e subito.

In Piemonte, infatti, non arriva più quantità sufficiente di cacao ormai dai tempi del Bonaparte (che aveva imposto il blocco dei prodotti provenienti dalle colonie inglesi). Ed è un guaio per gli artigiani piemontesi. Va detto che fin dalla seconda metà del Cinquecento, i torinesi, i cuneesi e gli altri popoli del Piemonte conoscevano questo prodotto. Esattamente dal 1559 quando Emanuele Filiberto di Savoia era tornato dagli accordi di pace di Cateau Chambresis con una promessa di matrimonio (Margherita, sorella di Enrico II re di Francia) e, cosa per noi più importante, con alcuni semi di cacao. Da quel momento in poi i piemontesi poterono esercitarsi nell’arte del cioccolato ma, come detto, la mancanza di materia prima stava minacciando fortemente l’attività cioccolatiera in tutta la regione.

In quel 1865, la soluzione la trova un’azienda torinese che si chiama Caffarel – Prochet. E’ nata qualche anno prima, verso la fine degli anni ’40 di quel secolo, quando Ernesto Alberto Caffarel (erede di una famiglia di cioccolatieri per parte di padre e nonno) e Michele Prochet della cioccolateria Prochet, Gay e C. si uniscono per dare vita alla Caffarel – Prochet. Nel 1852 Prochet ha l’intuizione di sostituire gran parte del cacao necessario per fare i cioccolatini con la nocciola tonda gentile delle Langhe. Prochet tosta e macina i pezzi di nocciola rendendola così simile a una crema, alla quale aggiunge il cacao e lo zucchero. La prima apparizione di questo nuovo prodotto dolciario avviene nel 1865, durante il carnevale di Torino…

Gianduja.

A quel tempo, il carnevale di Torino era molto famoso anche fuori dai confini regionali e Caffarel e Prochet avevano questo cioccolatino così “particolare” che intendevano lanciare. Lo avevano chiamato “Givò” che, in dialetto piemontese, significa “mozzicone di sigaro”. La forma, in realtà, sembra quella di una barca rovesciata ma… insomma, non stiamo a sottilizzare. La maschera “principe” del carnevale torinese è ovviamente Gianduja che rappresenta l’allegria, la bontà d’animo, l’ospitalità, l’amore per la tavola e il buon carattere dei piemontesi. Per la Caffarel – Prochet è il testimonial perfetto! Sarà lui a distribuire i nuovi dolcetti durante quel carnevale e in quelli a venire. Una leggenda vuole che la forma del cioccolatino ricordi l’ala del tricorno indossato come copricapo da Gianduja ma trattasi, appunto, di leggenda.

Il punto di svolta arriva con il carnevale del 1869. Il cioccolatino piace talmente tanto da andare a ruba, le scorte finiscono e i due imprenditori decidono non solo di cambiare il nome da “Givò” a “Gianduiotto”, ma anche di mettere la figura di Gianduja nella carta che avvolge ogni singolo cioccolatino. E questo è il record del quale parlavamo all’inizio: il gianduiotto è il primo cioccolatino a venire incartato singolarmente, pezzo a pezzo.

Va detto che, poiché l’alta quantità di nocciole nell’impasto non permetteva che il cioccolatino fosse prodotto in forme, per lungo tempo il gianduiotto viene tagliato a mano. Ancora oggi, a Lenì, in provincia di Torino, vi sono tre laboratori che producono gianduiotti tagliandoli e incartandoli a mano.

Oggi esistono due metodi contrapposti per la produzione del gianduiotto: l’estrusione e il concaggio. Il gianduiotto prodotto per estrusione è colato direttamente su piastre senza uso di stampi, con macchine progettate e realizzate ad hoc. Tale tecnica permette di produrre Gianduiotti dalla consistenza particolare: né troppo fluida né troppo solida. Il gianduiotto stampato (concaggio) è molto più industriale, con una percentuale minore di cioccolato ed è, per necessità, più duro, dovendosi staccare dallo stampo.