Verso la fine degli anni ’90, con uno stampatore/editore riminese, presi l’impegno di curare la pubblicazione di una piccola collana dedicata ai “mangiari” e alle ricette romagnole. Avrei dovuto programmare e poi seguire in prima persona le fasi di lavorazione di quattro agili libretti. Dalla stesura dei testi da parte dell’autore, alla scelta delle immagini; dall’impaginazione, alla selezione della carta da usare e dei caratteri tipografici, fino alla stampa e alla distribuzione. Un lavoro davvero avvincente: si creava un libro dal nulla per poi vederlo comprato e commentato dai lettori. Veramente una grande soddisfazione.

Dopo il primo libro, la persona che avrebbe dovuto curare tutti i testi si fermò (sarà stato il famigerato “blocco dello scrittore”?) e per un paio d’anni non uscì più niente. Decisi di scriverli io stesso. Lo feci utilizzando uno pseudonimo in qualità di autore e continuando a firmare con il mio vero nome la piccola collana editoriale. Formalmente, ne ero il direttore editoriale. Presi questa decisione per un motivo preciso: in quegli anni era letteralmente esploso l’interesse per la cucina. In breve, in Romagna tutti quanti scrivevano di cibo, di ricette, di tradizioni mangerecce. Ricordo perfettamente le polemiche sui giornali, anche violente ma in realtà abbastanza assurde, fra persone che fino a poche settimane prima si erano occupate di tutt’altro. E ognuno di questi personaggi voleva vantare una primogenitura su un’idea, un piatto, un’interpretazione! Tutti emuli di Artusi… ma che dico!!! Perfino superiori si ritenevano, perbacco! Dei veri inventori, scopritori e iniziatori di qualsivoglia cosa inerente alla cucina.

Naturalmente, non avevo nessunissima intenzione di farmi trascinare in discussioni di basso livello sul tipo: “La mia piadina è più piadina della tua!”. Perciò, scelsi di estraniarmi da tutta quella gazzarra pubblicando sotto pseudonimo, non entrando mai in polemica e continuando a seguire l’edizione dei libri.

La copertina di Quando Cucinano gli Angeli, primo successo editoriale di Suor Germana

Questo lungo preambolo per dire che tutti questi personaggi avrebbero dovuto fare esercizio d’umiltà riconoscendo ad altri la primogenitura di questa nuova ondata d’interesse per la cucina. E questa primogenitura andrebbe riconosciuta a Suor Germana, una piccola e simpatica suora vicentina che ci ha lasciato il 7 marzo di quest’anno. Il suo “Quando Cucinano gli Angeli”, uscì nel 1982 e fu un successo editoriale assoluto (32 ristampe; due milioni di copie vendute in Italia e traduzioni in sedici lingue!). Da lì iniziarono le fortune editoriali di quelli che, negli anni a seguire, avrebbero scritto di cucina.

Suor Germana, all’anagrafe Martina Consolaro, nasce a Crespadono, in provincia di Vicenza, il 3 luglio del 1938. Il padre è un boscaiolo. La madre, come in tutte le famiglie povere dell’epoca, si occupa dei figli (sono nove) e della casa. A 14 anni lascia la famiglia per fare la domestica in una ricca casa torinese. A 19 anni prende i voti come suora del Famulato Cristiano, una congregazione nata a Torino nel 1921 che sostiene l’inserimento in società delle madri nubili le quali, in quel periodo, per la maggior parte lavorano come addette al servizio domestico, proprio come Suor Germana. Viene destinata dai suoi superiori alla “Scuola delle fidanzate”, dove inizia a insegnare cucina alle ragazze in procinto di sposarsi. Quella scuola, nel 1963 diventa il “Punto Familia” di Torino che la religiosa vicentina fonda assieme ai padri domenicani Angelico Ferrua e Giordano Muraro.

L’impegno in cucina non è disgiunto dalla fede e dalla spiritualità. Anzi, essa stessa afferma in quel periodo: “Gesù non ha compiuto proprio a tavola le cose più straordinarie? Dal banchetto di Cana all’ultima cena. La convivialità è un’espressione di comunione, cucinare è un gesto d’amore nel quale la famiglia si riconosce. E dunque: ditelo con un piatto!”. Quest’ultima esclamazione diventerà proverbiale e una specie di “marchio di fabbrica” nei sui libri e nei suoi articoli.

Con la pubblicazione di “Quando Cucinano gli Angeli” iniziò la carriera da “star” della cucina per Suor Germana. A questo seguirono tanti altri titoli, molti fortunatissimi nelle vendite: “Le grandi feste in famiglia” (1985), “Marmellate, conserve, liquori” (1988), “I dolci. Ricette & segreti. Come preparare ottimi dolci

Suor Germana al Maurizio Costanzo Show.

casalinghi e tradizionali” (1990), “Le buone ricette dei conventi. Consigli, trucchi e segreti per una cucina sana e genuina” (1991), “La cucina per chi ha fretta” (1993), “1000 trucchi per la casa. Pulizia, macchie, pollice verde, salute, risparmio, bellezza naturale, galateo, animali in casa…” (1994), “La cucina facile di suor Germana” (1994), “I miei primi piatti. La guida tutta illustrata per preparare e presentare magnifiche ricette” (1995), “Il grande libro della cucina facile. La guida tutta illustrata per preparare e presentare magnifiche ricette” (1996).

Oltre a questi, 15 volumi in dispense “In cucina con suor Germana” (De Agostini-Piemme, 1997) con un successo assoluto nelle edicole. E poi le collaborazioni con i giornali e le tv: una rubrica su “Famiglia Cristiana” e le trasmissioni della Rai “Che fai, mangi?” con Enza Sampò, “I fatti vostri” con Giancarlo Magalli e Massimo Giletti, “Uno Mattina”, “Domenica In”, “Cominciamo bene” e persino il Festival di Sanremo con Fabio Fazio nel 1999.

La sua vita non fu, comunque, facile. Dal Famulato Cristiano si allontanò nel 1990 per incomprensioni con le suore superiori. Decise poi di consacrarsi all’Ordo Virginum su consiglio dell’allora arcivescovo di Torino Giovanni Saldarini. Dal Punto Familia di Torino, che lei stessa aveva contribuito a fondare, fu allontanata nel 2002 dopo la rottura con i dominicani. “Mi sono trovata fuori da un giorno all’altro. Ho molto sofferto”- disse allora. Soffrì davvero tanto, fino ad andare in depressione e lo confessò apertamente proprio a Famiglia Cristiana: “La depressione è una malattia brutta e si sta veramente male. Non mi vergogno a dirlo: sono arrivata a pensare di farla finita. Si soffre anche perché molti non capiscono che è una vera malattia. Non serve a niente dire: “Dai, tirati su, non ci pensare”. Per uscirne ci vogliono dottori e medicine. Ma a conti fatti ringrazio il Signore: ho capito meglio cosa provano quelli che soffrono”.

Per i credenti, questa sua fiducia in Dio (“il Signore non ti da mai una croce più grande di quella che puoi sopportare”), è un suo lascito. Un altro, sono migliaia di ricette. Utilizziamole per ricordarla.