Se ne parla sempre poco ma l’Alto Adige o, più correttamente, il Südtirol, è una regione alpina che si distingue non solo per i paesaggi mozzafiato e la ricca cultura ma anche per la sua profonda tradizione enogastronomica. Questa terra di confine, tra Italia e Austria, ha saputo conservare e valorizzare prodotti tipici che raccontano storie di passione, territorio e identità. In questo articolo, esploreremo alcuni dei prodotti più rappresentativi di questa regione, approfondendo aspetti legati alla loro produzione, alle tecniche tradizionali e alle peculiarità che li rendono unici nel panorama gastronomico internazionale.
Lo Speck Alto Adige IGP
Il prosciutto crudo affumicato, conosciuto come Speck Alto Adige IGP, è senza dubbio il prodotto più famoso e riconosciuto dell’intera regione. La sua storia affonda le radici in secoli di tradizione contadina, quando le tecniche di stagionatura e affumicatura venivano tramandate di generazione in generazione. La pratica dell’affumicatura per conservare la carne era ed è comune in molti luoghi, ma in Alto Adige si sviluppò una particolare tradizione che, unita alla stagionatura, ha dato vita allo speck. E, sebbene la parola “speck” compaia formalmente nei documenti del XVIII secolo, la tradizione di affumicare la carne risale molto più indietro, fin dal 1200. L’affumicatura era essenziale per conservare la carne dei maiali macellati durante il periodo natalizio perché permetteva di avere scorte alimentari per l’intero anno. Lo speck è prodotto con un metodo tradizionale che prevede la salmistrata a secco, l’affumicatura con legni specifici (principalmente faggio o ginepro) e la stagionatura all’aria fresca di montagna. Il termine “speck” deriva dal tedesco “spek” o “spec”, che significa “grasso” o “spesso”, riferendosi alla quantità di grasso marmorizzato presente nella carne. Lo speck si ottiene da cosce di suino selezionate, che vengono salate, speziate con pepe, ginepro, alloro e altre erbe aromatiche, e poi sottoposte a un processo di stagionatura che può durare anche diversi mesi. La fase di affumicatura conferisce al prodotto il suo caratteristico aroma affumicato e il colore dorato. La stagionatura avviene in ambienti controllati, spesso in grotte naturali o celle appositamente preparate, che favoriscono lo sviluppo di aromi complessi e una consistenza morbida ma compatta. L’attenzione alla qualità e alle tecniche tradizionali ha portato il marchio IGP a tutela di questo prodotto, garantendo che ogni pezzo rispetti rigidi standard di produzione. La sua versatilità lo rende protagonista in molte ricette, ma è anche ottimo da gustare da solo, accompagnato da pane casereccio e formaggi locali.
A proposito di formaggi…
L’Alto Adige vanta una tradizione casearia antica, con una vasta gamma di formaggi che riflettono la biodiversità del territorio e le tecniche di produzione tramandate nel tempo. Ad esempio, il formaggio Asiago è originario del Veneto ma nelle zone dell’Alto Adige se ne producono delle varianti, spesso con latte di alta qualità proveniente da mucche allevate sui pascoli alpini. Si fanno apprezzare per il sapore intenso e una consistenza che varia dal morbido allo stagionato. La regione è anche famosa per i formaggi di capra, come il Caprino dell’Alto Adige, un formaggio fresco, morbido e aromatico, ideale da gustare con miele e pane integrale. La produzione di formaggi di pecora, come il locale Pecorino, arricchisce ulteriormente il panorama caseario locale.
E dei vini, che vogliamo dire?
L’Alto Adige è una delle regioni vinicole più rinomate d’Italia, grazie alla sua posizione geografica favorevole, ai terreni variegati e ai microclimi che favoriscono la produzione di vini di alta qualità. La tradizione vinicola risale all’epoca romana, ma è negli ultimi decenni che questa regione ha conquistato un ruolo di primo piano nel panorama internazionale. Tra le varietà più rappresentative c’è il Lagrein, un vino rosso intenso, con un colore rubino profondo e aromi di frutta rossa, spezie e talvolta note di cioccolato. È perfetto per accompagnare piatti di carne, selvaggina e formaggi stagionati. La sua struttura robusta e il tannino morbido lo rendono davvero tipico. Poi lo Schiava, un vino rosso leggero e fresco, con sentori di frutti rossi e, talvolta, mandorla amara. Ideale come aperitivo o con antipasti, è molto apprezzato per la sua versatilità e piacevolezza. E poi, tra i bianchi, il Gewürztraminer: uno dei vini bianchi più celebri dell’Alto Adige, aromatico e complesso, con note di rosa, lychee, spezie e miele. Si abbina bene a piatti speziati, cucina asiatica e formaggi erborinati.
E, per finire, la frutta
Tra i prodotti forse un po’ meno conosciuti ma di grande valore, spiccano le mele dell’Alto Adige, che rappresentano una delle principali colture agricole della regione. La zona di produzione si estende principalmente nelle valli di Bolzano, Merano e Bressanone, dove il clima fresco e il terreno ricco di minerali creano le condizioni ideali per la coltivazione di mele di alta qualità. Le varietà più diffuse sono la Golden Delicious, la Red Delicious, la Granny Smith e la Braeburn. Queste mele si distinguono per la loro croccantezza, dolcezza equilibrata e aromi intensi, che le rendono ideali sia per il consumo fresco sia per la trasformazione in succhi, sidri e dolci. Le mele dell’Alto Adige sono coltivate secondo metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente, con un’attenzione particolare alla qualità del suolo e alla riduzione dell’uso di pesticidi. La raccolta avviene a mano, garantendo che solo i frutti migliori arrivino sul mercato. L’export di mele altoatesine è in costante crescita, grazie alla loro qualità riconosciuta e alla forte domanda internazionale.
L’immagine di copertina è di Hage e Tine Graf ed è tratta da commons.wikimedia.org, originariamente postata la prima volta su Flickr.

Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.