Nel vasto panorama della storia gastronomica, uno dei personaggi più affascinanti è senza dubbio Marco Gavio Apicio, considerato il primo gastronomo di tutti i tempi. Le sue origini familiari, le opere letterarie che ha lasciato, le ricette tramandate e gli aneddoti sulla sua vita e morte compongono un quadro interessante della sua figura, quella di un uomo che, a distanza di secoli, ha comunque lasciato un’impronta indelebile nel mondo della cucina.

Le origini familiari di Apicio, un mistero!

Purtroppo, poco si sa delle origini familiari di Apicio. La sua data di nascita è incerta, ma si ritiene che

Moderno tentativo di riproporre il Garum dei romani. Foto da stock.adobe.com. In copertina, un busto raffigurante Marco Gavio Apicio.

sia vissuto tra il I secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo. Ciò che sappiamo è che fu una figura di grande cultura e ricchezza, tanto da poter permettersi uno stile di vita agiato e dedicarsi appieno alla sua passione per la cucina. Sappiamo anche che agli inizi del I secolo avanti Cristo visse un altro Apicio, anch’egli amante del lusso e descritto come l’uomo che ai suoi tempi più di tutti spese soldi per puro sfarzo. Constatata l’esistenza di un terzo Apicio, più tardivo degli altri due, vissuto nel II secolo dopo Cristo, è possibile che il “cognomen” non fosse trasmesso tramite rapporti familiari, ma più che altro fosse un soprannome che si dava a chi praticava l’arte della cucina. Dell’Apicio che interessa noi, non esiste un vero e proprio corpo biografico del personaggio, e più che altro ci sono stati trasmessi vari aneddoti sconnessi gli uni dagli altri. Quello temporalmente più antico pare essere quello tramandatoci dal poeta Marziale, secondo il quale Apicio avrebbe cenato a casa di Mecenate. Forte sembra essere stato il suo rapporto con la famiglia imperiale, specialmente con Tiberio. Pare, infatti, che Apicio e Druso Minore, figlio dell’imperatore, fossero in buoni rapporti o che almeno si conoscessero. Infatti, lo storico Plinio Il Vecchio ci dice che una volta il gastronomo convinse Druso a non mangiare delle”cymae” (semi o cime di cavolo) in quanto cibo popolare. Inoltre, sembra che una volta Tiberio, vedendo una grossa triglia in un mercato, scommise che l’avrebbero comprata Apicio o Publio Ottavio; i due iniziarono allora a contendersi il pesce finché Ottavio se lo aggiudicò.

Le opere letterarie

Apicio visto da Lister nel 1709.

Apicio è ricordato principalmente per le sue opere letterarie, sopravvissute attraverso il tempo e giunte fino a noi in forma di ricettari. Tra le sue creazioni più famose spicca il “De Re Coquinaria” (Sulla materia della cucina), un trattato culinario suddiviso in dieci libri. È il suo capolavoro: una raccolta di ricette e consigli culinari che offrono uno sguardo unico sulla cucina dell’antica Roma. I libri trattano una vasta gamma d’ingredienti, tecniche di cottura e presentazione dei piatti. Questa importante opera offre una panoramica completa del gusto e delle preferenze gastronomiche dell’epoca.

Le sue ricette

Le ricette tramandate da Apicio sono una testimonianza dell’abbondanza e della varietà degli ingredienti utilizzati nell’antica Roma. Dalle salse elaborate alle preparazioni di carne sofisticate, le ricette offrono un affascinante viaggio nel passato culinario, permettendo agli studiosi di comprendere le abitudini alimentari e le preferenze di un’epoca ormai lontana. Tra le ricette più famose da lui citate nel “De Re Coquinaria”, spiccano piatti come il “Garum“, una salsa a base di pesce fermentato, e l'”Apothermum“, una specie di brodo di carne.

Vita e morte di Apicio

La vita di Apicio fu caratterizzata, secondo le poche fonti a disposizione, da un lusso sfrenato e dalla sua

Un banchetto romano per come lo vedeva Federico Fellini nel suo Satyricon.

passione smodata per il cibo. Le stesse fonti narrano di come spendesse ingenti somme di denaro per ricercare ingredienti rari e prelibati. E la sua morte è avvolta da un velo di mistero e leggenda. Alcuni resoconti sostengono che, temendo la bancarotta e incapace di affrontare una vita senza lusso, egli avesse cercato la morte attraverso il veleno. Tuttavia, altre fonti suggeriscono che Apicio abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita in semi-reclusione, rifiutando di nutrirsi e lasciando che la fame fosse la sua via di uscita da questa vita. Una sorta di pena del contrappasso. Ciò che più conta, è che la sua eredità vive attraverso le pagine di “De Re Coquinaria”, un’opera che ha finito per ispirare cuochi e gastronomi attraverso i secoli, dimostrando che la passione per il cibo e la sua preparazione è un legame che attraversa il tempo e le culture. Di più: incarna la ricerca della perfezione culinaria, la cura per l’arte del cibo e l’eterna connessione tra la tavola e la cultura, dimostrando che la gastronomia è veramente un patrimonio culturale che attraversa i secoli.