- La carota non fa bene solo al furbissimo coniglio Bugs Bunny dei cartoni animati di Hanna & Barbera ma a tutti noi. E’
una radice commestibile che contiene carotene, una sostanza utilizzata dall’organismo per produrre vitamina A, quella che aiuta la vista, e che non viene dispersa con la cottura. Chi di noi, da bambino, non si è sentito ripetere più volte dalla mamma o dalla nonna: “Mangia la carota che devi studiare e ti fa bene agli occhi!”. In effetti, quest’ortaggio è molto consigliato nell’alimentazione infantile perché aiuta ad assorbire i liquidi nell’intestino. Poi, è ricco di pigmenti antiossidanti che agiscono sul sistema cardiovascolare, aiutando il cuore, ed è anche fonte di altre vitamine e di flavonoidi. Tra l’altro, in 100 grammi di carote troviamo:
- 0,93 g di proteine
- 9,58 g di carboidrati, di cui: 4,74 g di zuccheri e 2,8 g di fibre
- 5,9 mg di vitamina C
- 0,983 mg di niacina
- 0,66 mg di vitamina E
- 0,138 mg di vitamina B6
- 0,066 mg di tiamina
- 0,058 mg di riboflavina
- 16.706 UI di vitamina A
- 13,2 µg di vitamina K
- 320 mg di potassio
- 69 mg di sodio
- 35 mg di fosforo
- 33 mg di calcio
- 12 mg di magnesio
- 0,30 mg di ferro
- 0,24 mg di zinco
Insomma, le carote sono una farmacia, molto ricca, che ci mette a disposizione la natura.
Sull’origine del nome “carota” si scontrano due linee di pensiero. Una lo vede come una derivazione dell’antico castigliano çahanoria, che verrebbe dall’arabo ispanico safunnārjah il quale, a sua volta, verrebbe dalla parola araba mediorientale اسفنارية (isfannāríjja). Quest’ultima renderebbe la sua origine dal greco σταφυλίνη ἀγρία (stafylíne agra). Altri pensano che il termine derivi, più semplicemente, dal greco antico καρότον (karòton). I primi a rendere domestica questa radice che cresceva spontanea un po’ in tutte le zone temperate della Terra pare siano stati i popoli che abitavano l’attuale Afghanistan verso il 3000 avanti cristo dove se ne trovavano già allora diverse varietà.
In effetti, noi la carota ce la immaginiamo sempre arancio ma, in realtà, ne esistono anche di altri colori, per esempio viola o gialle e, nei tempi antichi, il colore arancione non esisteva. Quella più coltivata era viola fuori e arancione dentro. Si arrivò ad avere una netta predominanza del colore arancione solo nel corso dei secoli per successivi incroci e selezioni. Una leggenda racconta che i primi a compiere quest’operazione furono gli olandesi verso il 1600 per onorare la casata Orange che regnava, come tuttora, su quel Paese. In realtà immagini di carote arancioni si trovano in alcune opere pittoriche risalenti anche a mille anni prima. La carota, viola, gialla o di qualsiasi colore fosse, era già prepotentemente entrata nella dieta degli antichi greci e romani. Nell’antica Roma, oltre ad avere usi medicinali, era mangiata in compagnia di spezie e vin brulé e, a Pompei, troviamo affreschi che le mostrano raccolte in fascine. Il bello è che pare ormai scientificamente provato che i primi umani che si avvicinarono alle carote non lo fecero per mangiarne la dolce radice come facciamo noi oggi ma per usarne le foglie e i semi aromatici, un po’ come facciamo ai tempi nostri con il cumino o il prezzemolo.
Per quel che riguarda la produzione, oggi nel mondo se ne coltivano poco meno di 40 milioni di tonnellate e a farla da
padrone è la Cina che da sola ne produce quasi 18 milioni. Dietro di lei, staccatissimi, l’Uzbekistan con poco più di due milioni di tonnellate e gli Stati Uniti con circa un milione e mezzo di tonnellate. Insomma, il successo di questa radice è mondiale. Nelle sue varietà arancioni o di altri colori piace un po’ a tutte le latitudini e tutte le popolazioni che possono metterla all’interno della propria dieta lo fanno, consapevoli di avere a disposizione un cibo sano e anche versatile.
Infatti, le carote si possono cucinare in vari modi. Quanti ne conosciamo solo noi italiani? Grattugiate con il succo di limone per contrastare con l’acidità di questo la dolcezza della carota; per arricchire di sapore, consistenza e colore un’insalata; cucinate al vapore; usate per accompagnare il soffritto con il sedano e le cipolle. Inoltre, le carote si prestano per preparazioni dolci, come le torte di carote e usate per succhi di frutta e confetture casalinghe.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.