Mettiamola così: se il Natale fosse un film, i panettoni sarebbero i blockbuster, i pandori i celebri spin-off, i torroni le saghe già viste ma ogni anno riproposte. E gli Struffoli? Sono quel film d’autore che magari non tutti conoscono, ma che se lo scopri, ti resta impresso. Frotta di palline fritte + miele + canditi + confettini = formula perfetta per esplosione di gusto e risate in famiglia. Non male come spoiler da addobbi natalizi, vero?
Gli struffoli, origine e leggenda: tra Grecia, Spagna e conventi
Non pensate che gli struffoli siano “nati ieri”: la loro storia ha radici che scavano nei millenni. Secondo alcune fonti, la parola “struffolo” potrebbe derivare dal greco στρόγγυλος (strongulos), che significa “rotondo”. Dunque potrebbero essere arrivati con i Greci nel Golfo di Napoli, all’epoca della “Magna Grecia”. Pista un po’ alternativa: la ricetta (o almeno una versione simile) era nota in Andalusia. Si trattava di un dolce chiamato “piñonate” e durante la dominazione spagnola a Napoli la variante potrebbe aver preso piede. E poi: i conventi. In certe fonti si racconta che le suore napoletane preparassero gli struffoli nei loro monasteri, e li donassero alle famiglie nobili a Natale. E già qui avete tutto: greci, spagnoli, suore e frittura. Non proprio il solito copione delle feste, ma fa parte del fascino.
Ingredienti & rituale: perché “dolce delle feste”
Perché lo si fa a Natale? O meglio: cosa lo rende “festa”? Il miele è l’elemento chiave. Tradizionalmente simbolo di dolcezza, abbondanza, benessere. Nel contesto natalizio acquisisce significati ulteriori: la “dolcezza della vita”, la famiglia che si riunisce. Poi, le palline: piccole, tonde, ‘fatte a mano’, quasi tutte diverse. Il che dice “in questa famiglia ognuno è unico” o “ognuna di queste palline è un’idea, un ricordo, un sorriso”. Le fonti sottolineano che la dimensione è piccola apposta per aumentare la superficie che entra in contatto col miele. Il rito della frittura + il miele + i canditi + i confettini “diavulilli” (ossia i confetti colorati), danno quel look natalizio-festivo che non puoi avere tutto l’anno: è un segnale visivo e olfattivo che “è festa”. Quindi sì: anche se non era sempre “solo natale” (alcune fonti dicono che non compariva esclusivamente come dolce di Natale nei secoli passati) oggi è sinonimo delle feste.
Preparazione degli struffoli
Se volete cimentarvi ecco una panoramica della ricetta, con note “furbe”. Ingredienti tipo: farina, uova, burro o strutto, zucchero, scorza d’arancia/limone, liquore (anice o maraschino), olio per friggere, miele di buona qualità, canditi (arancia, cedro) e confetti colorati. Procedimento: si prepara un impasto tipo pasta frolla “morbidina” (ma non troppo) con farina, uova, burro/strutto, zucchero, scorza agrume, un goccio di liquore. Si lavora l’impasto, lo si stende in cilindri sottili, lo si taglia a pezzettini (piccoli piccoli, per formare le palline) o si fanno direttamente delle palline. Alcune versioni lasciano il cilindro e poi lo tagliano. Si friggono le palline fino a una leggera doratura (non marrone scuro, visto che poi devono infilarsi nel miele). Si scolano, si lasciano raffreddare un attimo, poi via nel miele caldo: immersione che le ricopre di dolcezza. Poi si trasferiscono in un piatto da portata (spesso a forma di ciambella o “monte” di palline), si decorano con canditi + confettini colorati. Voilà: festa servita!
In conclusione…
Se vogliamo uscire un po’ dal coro del “solito dolce natalizio”, dare spazio a un classico che magari non tutti conoscono bene ma che merita — beh, gli struffoli sono una scommessa che vince. Un gesto di condivisione, una cosa fatta con le mani (e il miele colante), un dolce che unisce famiglia, memoria e bontà. E sì: se qualcuno ti dice “Ma cosa sono ‘sti bignè fritti coperti di miele?”, tu rispondi con aria misteriosa: “Sono gli struffoli. E buon Natale”.

Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.
