Quando abbiamo scritto dei ravioli, abbiamo citato la Cina come patria di questa pasta ripiena, dato che in quel Paese se ne consumavano alcuni tipi già nel 1800 avanti Cristo. Dall’estremo Oriente, attraverso la via della seta, il raviolo è arrivato in Europa e in Italia ha trovato la sua consacrazione e, soprattutto, è stato interpretato in tante maniere diverse a seconda delle regioni nelle quali approdava. Il casoncello, secondo alcune accreditate fonti, è il tipo di raviolo più antico d’Europa ma non tutti lo conoscono, anzi, diremmo che è una pasta piuttosto sconosciuta. Urge saperne un po’ di più.
Bergamo e Brescia si litigano i casoncelli
Cominciamo a dire che i casoncelli sono una specialità tipicamente lombarda con le città di Brescia e
Bergamo, sempre rivali nel corso dei secoli, che se ne contendono la primogenitura. Questo tipo di pasta fresca è preparato con una sfoglia di farina e uova che racchiude il ripieno. La forma tradizionale è a mezzaluna e i casoncelli sono sigillati a mano con cura per garantire che il ripieno rimanga ben chiuso durante la cottura. Quest’ultimo varia a seconda delle tradizioni e dei gusti locali, ma comunemente include carne macinata, pane grattugiato, uova, formaggio grana e aromi come noce moscata e prezzemolo.
Il casoncello “moderno” e la sua origine contadina
L’origine esatta dei casoncelli è oggetto di dibattito tra gli storici culinari, come abbiamo appena scritto ma possiamo dire che quelli “moderni”, sono nati nelle cucine delle famiglie contadine. Erano un piatto molto ingegnoso per utilizzare gli avanzi di carne e pane, creando un pasto sostanzioso e gustoso per tutta la famiglia. Nel corso del tempo sono diventati emblematici delle cucine bergamasca e bresciana, celebrati nelle sagre locali e nei ristoranti tradizionali.
Come si preparano?
La preparazione dei casoncelli richiede pazienza, cura e un pizzico di maestria culinaria. Eccovi una ricetta tradizionale per creare questi deliziosi “ravioli” ripieni. Ingredienti per la pasta: 300 grammi di farina 00, tre uova, sale quanto basta. Per il ripieno: 200 grammi di carne macinata (manzo e maiale); 100 grammi di pane raffermo; un uovo; 50 grammi di formaggio grana grattugiato, noce moscata quanto basta, così come di prezzemolo tritato, sale e pepe. Questo il procedimento. Iniziate preparando la pasta: disponete la farina a fontana su una spianatoia, aggiungete le uova e un pizzico di sale al centro e iniziate a impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico. Avvolgete la pasta in pellicola trasparente e lasciatela riposare in frigorifero per almeno trenta minuti. Nel frattempo, preparate il ripieno: ammorbidite il pane raffermo in acqua e strizzatelo bene. In una ciotola, unite la carne macinata, il pane strizzato, l’uovo, il formaggio grana, il prezzemolo, la noce moscata, il sale e il pepe. Mescolate bene fino a ottenere un composto omogeneo. Riprendte la pasta dal frigorifero e stendetela con un mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Tagliate la sfoglia in dischi di circa 6-7 centimetri di diametro. Mettete un cucchiaino di ripieno al centro di ciascun disco di pasta, quindi piegate a metà formando una mezzaluna e sigillate bene i bordi con le dita. Portate una pentola d’acqua salata a ebollizione e cuocete i casoncelli per circa 3-4 minuti, finché non vengono a galla. Scolateli con un mestolo forato e condite con burro fuso, salvia e formaggio grana grattugiato. Servi i casoncelli caldi e gustali con un buon bicchiere di vino rosso della zona.
Storia e leggende sui casoncelli
Tra le leggende più famose legate ai casoncelli c’è quella che narra di un giovane cuoco bresciano,
innamorato di una bella fanciulla, che per conquistare il suo cuore preparò dei casoncelli così deliziosi da farla innamorare a prima vista. Si dice che da quel giorno siano diventati un simbolo d’amore e romanticismo nella cultura locale. La storia, invece, narra di un documento del 1187 relativo alle pievi di San Vincenzo e Sant’Alessandro a Bergamo nel quale si legge che ogni anno, in occasione della Pasqua, il vescovo locale dovesse offrire una cena di beneficenza alle comunità di queste due chiese in onore di Attone di Lecco, un conte che aveva lasciato alla pieve di Sant’Alessandro i proventi della sua tenuta di Almenno. Tra le pietanze da preparare figuravano già gli “antenati” degli attuali casoncelli. Mentre un’altra importante citazione storica racconta che il 13 maggio 1386, quando i bergamaschi vollero festeggiare la caduta di Bernabò Visconti e l’arrivo del liberatore Gian Galeazzo Visconti venne servita una cena con “cento torte e trecento taglieri con gnocchi di pane e casoncelli”.
Insomma, la storia dei casoncelli è davvero una lunga storia. E ancora oggi questa pasta ripiena continua a deliziare i palati di chiunque abbia il piacere di assaggiarla.
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.