Esiste un vino che si coltiva solo nella zona di Bagnacavallo ed è originario e tipico solo di quel luogo. Anzi, sappiamo per certo persino quale sia la vite dalla quale ha preso vita. Questo vino è il Bursòn e la sua storia s’intreccia inequivocabilmente con quella della famiglia Longanesi di Boncellino di Bagnacavallo. Proviamo a raccontarla?

La storia del Bursòn

Verso la fine dell’Ottocento, Antonio “Bursòn” Longanesi decide di trasferire la

La targa che ricorda il luogo esatto di nascita del Bursòn. In copertina, un grappolo d’uva di Bursòn con il caratteristico chicco verde.

sua famiglia contadina dal ferrarese al ravennate e acquista una casa e un terreno nella frazione di Boncellino, a Bagnacavallo. “Bursòn” è il soprannome della famiglia. Dare soprannomi era una pratica usuale un tempo nell’Emilia-Romagna contadina. Ogni famiglia ne aveva uno. La mia, ad esempio, che è originaria di Mulazzano di Coriano, aveva come soprannome “ad Midèin”. Noi eravamo i “Semprini ad Midèin” e questo ci distingueva dagli altri numerosi Semprini del riminese. Midèin era il diminutivo di Diomede, il mio bisnonno. Perché i Longanesi fossero soprannominati “Bursòn” non lo sanno nemmeno gli eredi del patriarca Antonio. Si pensa abbia a che vedere con una grande borsa “un borsone”, oppure con il “tira-buson”, il cavatappi. Fatto sta che Antonio trova sul terreno appena comprato una quercia solitaria e, avvinghiata a quest’albero, una vite di uva selvatica che produce acini nerissimi e lucidi. Antonio pensa che sia una buona idea lasciarla lì e, nel corso degli anni, quest’uva viene torchiata con altre degli altri vigneti familiari per produrre degli onesti ma anonimi vini che vengono utilizzati solo per il fabbisogno familiare.

La scoperta del Bursòn

Passano i decenni e i primi Longanesi ad accorgersi che il vino prodotto dall’usare solo i grappoli di quell’unico vitigno è qualcosa di davvero particolare, sono i nipoti di Antonio: Pietro e Antonio “Bursòn” junior. È quest’ultimo, nato nel 1921, a voler fare la prova del densimetro sugli acini di quest’uva. Viene fuori che il mosto è a 14 gradi. Tanto, anche rispetto a mosti di altre uve molto “ricche” che arrivavano al massimo a 7/8 gradi. La leggenda narra che Bursòn junior, scomparso nel 2020 a 99 anni, abbia esclamato: “Quest l’è un caval ad raza!” (“Questo è un cavallo di razza!”). A quel punto, lui e Pietro decidono di innestare il primo vigneto, partendo da quell’unica vite ancora abbarbicata alla quercia. Siamo nel 1950. In quei tempi le osterie romagnole erano i luoghi di ritrovo dei maschi adulti. Lì nascevano le battute, le storie, le sfide che erano il sale delle conversazioni. Ed è stata probabilmente una sfida: “Ve lo faccio sentire io un vino buono!” a far conoscere il vino di Antonio agli amici dell’osteria. I quali, assaggiato questo rosso scurissimo, possente, strutturato e caloroso, pensarono di ribattezzarlo “E’ Bursòn”, il vino di Bursòn. Il nome nasce da questa degustazione collettiva.

Il Bursòn conquista i palati

Il Bursòn piace e Antonio ne regala le barbatelle agli amici contadini dei dintorni perché possano coltivarlo anche loro. La produzione così si allarga e diventa patrimonio comune di queste campagne nei dintorni di Bagnacavallo. Anni dopo nasce il consorzio di Bagnacavallo e, nel Duemila, si decide di far esaminare il dna del Bursòn al laboratorio di ricerca dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Salta fuori che nessuna uva conosciuta ha le caratteristiche di questa: siamo di fronte a un vitigno originale e autoctono al cento per cento! Incredibile. Il Bursòn viene così iscritto al Registro nazionale delle varietà di vite con il nome più giusto: uva Longanesi. E anche il nome, Bursòn, viene depositato e registrato.

Quali sono le caratteristiche del Bursòn?

Questo vino è caratterizzato da grappoli di dimensioni moderate e acini dal colore

Foto di bopuc tratta da Freeimages.com.

peculiare. Uno degli aspetti affascinanti di questo vitigno è la presenza di acini che rimangono verdi durante il processo di maturazione. Questa peculiarità, sebbene non sia una costante, gli conferisce un’aura di mistero e lo rende oggetto di studio tra gli esperti di viticoltura. Il suo sapore è spesso descritto come complesso, con note fruttate, floreali e speziate che s’intrecciano in un equilibrio armonioso. La vista è accarezzata da un colore intenso e profondo, che varia dal rubino al granato con l’invecchiamento. L’olfatto è rapito da un bouquet complesso, che spazia da profumi floreali a note fruttate e speziate. In bocca, si distingue per la sua struttura robusta e il gusto persistente, con tannini ben integrati e una piacevole acidità. Si presta, con la sua complessità e struttura, ad accompagnare una vasta gamma di piatti. Le carni rosse, i formaggi stagionati e i piatti ricchi di sapore, dall’osso buco alle pappardelle al ragù, trovano in questo vino il loro compagno ideale. Ma il Bursòn può sorprendere anche accanto a piatti più leggeri, come quelli a base di funghi o carni bianche. Chissà se il vecchio patriarca Antonio si sarebbe mai aspettato che da un’unica vite potesse nascere tutto questo.