Chiacchiere all’arancia. Foto di chefpercaso da Flickr.com. In copertina, frappe e castagnole del basso Lazio.

Siamo a pochi giorni dalla fine del Carnevale, una festa dalle tradizioni antichissime che si basa su tre concetti: eccedere, travestirsi e mangiare a quattro palmenti. Perché? Perché è il momento in cui l’uomo, fin dai primordi, riconosce il passaggio dal caos primordiale a una cosmogonia che dà un significato a tutta la sua vita. Detto in parole più semplici, è il periodo dell’anno in cui si può esagerare perché poi torna l’ordine precostituito. Era così che in questo periodo festeggiavano gli antichi babilonesi con la lotta fra il dio Marduk che aveva la meglio sul drago Tiamat, rappresentante del caos primigenio. Nella Grecia antica si tenevano, sempre in questo periodo, le feste dionisiache e antestérie in onore di Dioniso, il più “trasgressivo” fra gli dei dell’Olimpo, signore dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi. A Roma si festeggiavano i Saturnalia (che Domiziano, in epoca imperiale, spostò in dicembre). Erano feste durante le quali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò fin da subito un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del carnevale seguente.

Perché il Carnevale si chiama così?

Il termine Carnevale ha origini latine e deriva da due parole: “carne” e “vale” che significa addio. Il nome riflette il carattere della festa, che segna l’addio alla carne e ai piaceri terreni prima di quel periodo di “ritorno all’ordine” che dall’avvento del cattolicesimo segna anche l’inizio della Quaresima, il periodo di quaranta giorni che precede la Pasqua e che richiede digiuno, penitenza, preghiera e carità. Gli antichi romani non ci hanno lasciato in eredità solo il nome “Carnevale” ma anche l’abitudine a preparare dolci fritti molto golosi. Presso i nostri antichi progenitori questi dolci si chiamavano Frictilia ed erano preparati con farina, latte, uova e miele. Secondo gli storici, pare che già da allora la forma e la consistenza di questi dolci variassero a seconda dell’estro del “pasticciere” o da regione a regione dell’impero. Questo spiegherebbe perché oggi abbiamo un’enorme varietà di dolci fritti che cambiano a seconda del luogo dello Stivale nel quale ci troviamo.

 

Piccolo elenco di dolci carnevaleschi

I dolci carnevalizi sono talmente tanti (soprattutto fritti, come abbiamo detto, ma anche preparati in forno), che un elenco completo è praticamente impossibile. Consapevoli della nostra limitatezza, ci limitiamo a descrivere i più noti: frappe, castagnole, chiacchiere, struffoli, zeppole e tortelli. Le frappe sono sottili strisce di pasta fritte e ricoperte di zucchero a velo. Croccantezza e dolcezza sono le loro caratteristiche. Anche le chiacchiere, conosciute anche come bugie o cenci, sono sottili strisce di pasta fritte e ricoperte di zucchero e possono avere diverse forme e dimensioni a seconda delle tradizioni. Le castagnole sono palline di impasto fritte, spesso rotolate nello zucchero. La loro forma ricorda le castagne, da cui prendono il nome. Gli struffoli sono palline di pasta fritte, ancor più piccole delle castagnole. Solitamente amalgamate con miele e guarnite con confetti colorati. Questo dolce è particolarmente diffuso nel sud Italia. Le zeppole, invece, sono ciambelle fritte e ricoperte di zucchero. Esistono varianti dolci e salate, ma durante il carnevale, le zeppole dolci sono le più popolari. I tortelli sono dolci tipici della tradizione lombarda, ripieni di marmellata o crema di cioccolato. Sono spesso decorati con zucchero a velo e possono assumere forme diverse.

La ricetta dei tortelli carnevalizi

Potevamo lasciarvi senza una ricetta? Certo che no. Abbiamo scelto quella dei tortelli lombardi. Un po’ perché forse sono i meno

Tortelli.

conosciuti rispetto agli altri che abbiamo citato e un po’ perché fra i dolci fritti di carnevale, sono quelli che ci piacciono di più. De gustibus… questi sono gli ingredienti. Per la pasta, 300 grammi di farina 00; tre uova; 50 grammi di burro fuso; 50 grammi di zucchero; scorza grattugiata di un limone; un pizzico di sale. Per il ripieno: marmellata (preferibilmente albicocca o ciliegia) o crema di cioccolato a piacere. Per la frittura: olio di semi e zucchero a velo per la finitura. Preparazione: in una ciotola, setacciate la farina e formate una fontana al centro. Aggiungete le uova, il burro fuso, lo zucchero, la scorza grattugiata di limone e un pizzico di sale nella fontana. Iniziate a mescolare gli ingredienti dal centro verso l’esterno fino a ottenere un impasto omogeneo. Trasferite l’impasto su una superficie infarinata e lavorate la pasta fino a quando diventa liscia ed elastica. Avvolgete la pasta in pellicola trasparente e lasciatela riposare in frigorifero per almeno trenta minuti. Dopo, stendete la pasta su una superficie infarinata fino a ottenere uno spessore di circa 2-3 millimetri. Con un taglia-pasta rotondo, ricavate dei dischi. Al centro di ogni disco, mettete un cucchiaino di marmellata o crema di cioccolato. Ripiegate ogni disco a metà, formando una mezzaluna. Premete i bordi con le dita o usate una forchetta per sigillare bene i tortelli. In una pentola dai bordi alti, riscaldate abbondante olio di semi a una temperatura di circa 170-180 gradi. Friggete i tortelli pochi alla volta fino a quando diventano dorati e gonfi. Ci vorranno circa 2-3 minuti per lato. Scolateli su carta assorbente per eliminare l’eccesso di olio. Infine, cospargeteli con zucchero a velo mentre sono ancora caldi. Buon carnevale a tutti.