A’ maccarone! Mo’ m’hai provocato e io te distruggo!”. Non c’è frase più emblematica per sancire la superiorità della cucina italiana rispetto a quella americana. Nel film “Un Americano a Roma”, Alberto Sordi è

Terence Hill nella scena dei fagioli in “Lo Chiamavano Trinità”. In copertina, Alberto Sordi all’assalto degli spaghetti in “Un Americano a Roma”.

un giovane romano innamorato perso degli States ma, quando si trova a dover scegliere fra un piatto di pasta e le americanissime marmellata e mostarda, dopo un primo assaggio disgustato non ha dubbi nell’azzannare il piattone di spaghetti.

Oggi, l’avrete capito, parliamo di cucina e pietanze nei film. E sono davvero tanti quelli nei quali il cibo è più che una presenza di contorno. Anzi, a volte è l’elemento principale di tutta la sceneggiatura. Il film con Sordi che abbiamo appena citato è del 1954 (per la regia di Steno). Da lì in poi potremmo citare decine e decine di pellicole italiane ed estere che propongono cucina e pietanze varie. Negli ultimi anni ce n’è stata addirittura una proliferazione, grazie al fatto che il mestiere di cuoco è diventato una professione di tendenza un po’ in tutto il mondo. Vedi ad esempio l’apprezzatissimo (soprattutto dalle donne) “Il Sapore del Successo” nel quale il bel divo americano Bradley Cooper è uno chef un po’ paranoico sempre teso a ottenere la perfezione in ogni suo piatto.

Tornando all’Italia, film con il cibo che hanno segnato l’immaginario collettivo ce ne sono a bizzeffe. Per le

Un’immagine da “Il Pranzo di Babette”.

persone della mia generazione, la velocissima abbuffata di fagioli di Terence Hill in “Lo Chiamavano Trinità” ha qualcosa di epico. Rappresenta la fame atavica di chi non può lasciarsi sfuggire neanche un misero fagiolo di un’enorme padellata. E su questo filone di “fame perenne” si innesta la scena degli spaghetti infilati in tasca da Totò in “Miseria e Nobiltà”, un film del 1954 nel quale il grande maestro della risata trasforma la fame patita da lui in prima persona nella vita reale, in quella di tutti gli italiani nei primi anni del dopoguerra.

Terence Hill e Totò esorcizzano la fame con buffe mangiate “a quattro palmenti” e suscitano una sincera e appagante risata in noi spettatori. Il cibo per loro è qualcosa di buono, che porta gioia. Per qual qualcun altro è l’allegoria dell’autodistruzione consumistica dell’uomo che ha ceduto anima e cuore al capitalismo. E’ questo il senso di “La Grande Abbuffata”, film di Marco Ferreri che quando uscì, nel 1973, provocò reazioni alquanto contrastanti. Invece, nella pellicola del 2001 “Le fate ignoranti” di Ferzan Özpetek, le pietanze consumate assieme, dalla vedova di un uomo e dall’amante maschio di lui, sono un momento di condivisione ed elaborazione di un lutto comune.

Juliette Binoche e un vassoio di “capezzoli di Venere” in “Chocolat”.

Tornando all’estero, ci sono veri e propri film “cult” sul tema. Impossibile non citare “Il Pranzo di Babette”, film danese del 1987 che vinse l’Oscar l’anno dopo come miglior film straniero e che ebbi occasione di vedere a pochi mesi dalla realizzazione a EuropaCinema, un festival cinematografico che si teneva a Rimini negli anni ’80. In questa pellicola, la tavola imbandita con grande maestria e amore dalla cuoca francese Babette aiuta gli abitanti di un “cupo” paesino danese dell’Ottocento a trovare la propria felicità e la buona predisposizione verso gli altri. E che dire del godibilissimo “Chocolat” di Lasse Hallstrom? In questo film del 2000 una maestra nomade dell’arte cioccolatiera (Juliette Binoche), arriva in un bigotto e represso paesino della “Francia profonda” negli anni ’50 e, con la sua arte, riesce a togliere l’alone di tristezza e pesantezza che grava su tutto il borgo.

Assolutamente da ricordare anche “Mangia, Prega, Ama”, un lungometraggio americano del 2010 con Julia

Julia Roberts addenta la pizza in “Mangia, Prega, Ama”.

Roberts nel quale la protagonista cerca di ridare senso alla propria vita e, per questo, affronta un viaggio in diverse tappe. La prima è in Italia ed è un autentico omaggio alla cucina italiana più popolare. Rimane nella memoria la scena nella quale la Roberts addenta una pizza ai tavoli dell’antica pizzeria Da Michele a Napoli pronunciando le parole: “Sono innamorata. Ho una relazione sentimentale con la mia pizza”. Ce ne sarebbero tanti altri di film da ricordare (pensate solo a quelli a cartoni animati tipo “Ratatouille” o “Piovono Polpette”) ma scelgo di finire con un’opera del 1994 molto interessante: “Mangiare Bere Uomo Donna”. E’ un film taiwanese del maestro Ang Lee che prende spunto da un antico proverbio cinese, che indica un paio di cose importanti nella vita: il cibo e il sesso. Il protagonista è un celebre cuoco, che vuole recuperare il rapporto con le tre figlie adulte e lo fa nell’unico modo che conosce: la preparazione di raffinati piatti della cucina cinese. Se avrete occasione di vederlo, vi accorgerete di come la cucina reale di quel paese sia diversa da quella che spesso propongono i “nostrani” ristoranti cinesi.