Si fa presto a dire tacchino. Innanzitutto dobbiamo cercare di capire se, effettivamente, quest’animale da cortile provenga realmente dalle Americhe, come comunemente si crede, oppure avesse dei progenitori anche in Asia e in Europa. Lo diciamo perché il grande scrittore francese Alexandre Dumas, quello del Conte di Montecristo e dei Tre Moschettieri, sosteneva che gli antichi greci e romani conoscessero e

Alexandre Dumas. In copertina, un tacchino fotografato da Riki7 tratto da wikipedia.org

apprezzassero la carne di tacchino. Però, fino al 1525, non si trovano testimonianze scritte della presenza di questo pennuto. Fu in quell’anno che Gonzales Fernando di Oviedo, governatore di Hispaniola (l’attuale Repubblica Dominicana) lo descrisse minuziosamente come una varietà del pavone nel suo Summario de la Historia Natural de las Indias Occidentales. Oviedo riporta anche che il volatile era molto diffuso nella Nuova Spagna e che i suoi compatrioti, sedotti dalla bontà delle sue carni, lo avevano introdotto anche in Nuova Castiglia, mentre nelle Antille il tacchino era già stato addomesticato dai primi coloni cristiani. In Europa, dunque, approdò (o tornò) dopo la scoperta dell’America e ben presto divenne il protagonista delle mense regali. Ancora oggi questa carne rappresenta, in molti Paesi, il simbolo della tavola nei giorni di festa e negli Stati Uniti è l’immagine stessa del Giorno del Ringraziamento. Inoltre, va detto che le tracce più antiche del tacchino sono state trovate in Messico e risalgono a un periodo compreso tra il 200 a.C. e il 700 d.C. Alla corte del re azteco Montezuma pare che i tacchini venissero già allevati in gran quantità perché gli aztechi li apprezzavano non solo per la loro carne tenera e gustosa, ma anche per le penne, che servivano loro come ornamento.

I tanti nomi del tacchino

Curiosa anche l’origine delle varie denominazioni: gli indigeni di Hispaniola gli davano il nome di Huescolot; mentre gli spagnoli e i portoghesi lo chiamavano Pavones de las Indias e i francesi lo definivano Coq d’Inde, poiché, secondo entrambi, quest’animale proveniva da quelle terre che Colombo credeva fossero le “Indie Occidentali”. In Francia, oggi si chiama semplicemente Dinde e in Spagna Pavo (il pavone è il Pavo Real). Nel 1565 alcuni monaci nei pressi di Bourges avevano realizzato un grande allevamento e si pensa che fosse stato proprio quest’ordine missionario a importare l’animale in Francia dalle “Nuove Terre”. In Inghilterra, invece, il termine turkey-cochs (oggi solo turkey) deriverebbe dal fatto che furono i mercanti turchi a introdurlo in Gran Bretagna. Qui il tacchino fece la sua prima apparizione durante il regno di Enrico VIII nel 1524. Quel che è certo è che tra il XVI e il XVIII secolo, il tacchino venne considerato in Europa un “cibo principesco” tanto da sostituire in breve tempo l’utilizzo e il consumo del tradizionale pavone presso le mense regali.

Il tacchino “cassaforte”

Tacchino del thanksgiving. Foto di Monstera da pexels.com.

Dunque, il tacchino veniva per lo più cucinato in occasioni di festa aristocratiche conviviali. Per questo nella maggioranza dei casi era cotto sempre intero e allo spiedo, almeno fino a quando nell’Ottocento alcuni grandi chef dell’epoca non trasformarono quest’animale in “una cassaforte” nascondendovi all’interno preziosissime e gustose farciture a base di marroni, funghi porcini, tartufi, ostriche e, a volte, addirittura foie gras. Ancora oggi, nei giorni di festa, in molte nazioni perdura la tradizione di preparare il tacchino farcito, cioè ripieno dei più disparati impasti: si passa da quello “classico” a base di pane e aromi, a impasti “più gustosi” come quello con cipolle e salvia o con castagne e salsiccia, per finire a ripieni davvero ricercati come quello realizzato con passata di mele e patate dolci.

Il tacchino del thanksgiving

Il tacchino farcito più famoso al mondo è senza dubbio quello che trionfa in occasione del Natale e della Festa del Ringraziamento, meglio nota negli States come Thanksgiving Day. Negli Stati Uniti, il quarto giovedì di novembre ricorre forse la festività più sentita e amata dagli americani: quella che celebra i famosi “padri pellegrini”. La leggenda racconta che questi, sbarcati sulle coste di quello che oggi è il Massachusetts, si trovarono in grande difficoltà perché non avevano di che mangiare. Furono aiutati dai nativi, forse irochesi, e si salvarono. Per ringraziarli, nell’autunno seguente organizzarono una grande cena di ringraziamento il cui piatto forte, sempre secondo la leggenda, sarebbe stato il tacchino. Da qui la tradizione del Thanksgiving.

Proprietà nutrizionali del tacchino

Dal punto di vista nutrizionale va detto che quella del tacchino è una carne bianca che rientra nel primo gruppo fondamentale degli alimenti perché fonte di proteine, di vitamine e di minerali e si presta alla maggior parte dei regimi alimentari, tra cui le diete ipocaloriche. Però, i vari tagli del tacchino non hanno le stesse caratteristiche nutrizionali. Sono generalmente considerati prodotti abbastanza magri e leggeri, ma possono cambiare notevolmente in base alla presenza della pelle e a seconda del pezzo (petto, coscia, ala ecc). Il petto spellato di tacchino è senz’altro la parte più magra, mentre la coscia con la pelle quella più grassa. Anche la concentrazione di minerali e vitamine può cambiare in base al taglio, ma non in maniera altrettanto determinante.

La ricetta del tacchino all’americana

Per finire, vi forniamo una ricetta del tacchino ripieno “all’americana”, quello che oltreoceano

Il primo giorno del Ringraziamento in un dipinto di Jean louis Jerome Ferris (wikipedia.org).

gustano nel giorno del Ringraziamento. Ingredienti: un tacchino di 5 chili, un chilo e mezzo di castagne; 800grammi di pane raffermo senza crosta; una cipolla; un limone; un gambo di sedano; 150 grammi di burro; quattro rametti di rosmarino; un ciuffo di prezzemolo; due bicchieri di vino bianco secco; un cucchiaino di maggiorana; un cucchiaino di timo; olio, sale e pepe. Preparazione: fate bollire le castagne per circa tre quarti d’ora. Pulite e lavate con cura il tacchino dentro e fuori, asciugatelo con cura e strofinate le carni con 1/2 limone. Quando le castagne saranno cotte, sbucciatele, privatele della pellicola interna e spezzettatele. Fate sciogliere il burro in una padella, unitevi la cipolla e il sedano puliti e finemente tritati, quindi lasciateli insaporire a fuoco medio. Quando saranno morbidi, aggiungete un bicchiere di vino e lasciate evaporare. Tagliate il pane a dadini e poi versatelo nella padella, unendo anche le castagne spezzettate, il prezzemolo, la maggiorana, il timo, sale e pepe. Mescolate con cura, lasciate sul fuoco per cinque minuti e poi lasciate raffreddare il tutto. Quando il composto si sarà raffreddato, usatelo per riempire il tacchino e quindi cucite l’apertura con dello spago da cucina. Salate e pepate il tacchino all’esterno e legatelo con altro spago, frapponendo tra questo e la carne, i rametti di rosmarino. Sistemate il tacchino in una teglia, copritelo con una garza da cucina impregnata di olio e infornate a 180°, lasciando cuocere per circa un’ora. Trascorso questo tempo, aggiungete il bicchiere di vino bianco e rimettete in forno ancora per due ore e mezza, bagnando di tanto in tanto con il liquido di cottura. Per ultimo eliminate la garza e cuocete ancora per una ventina di minuti. Prima di portare in tavola, lasciate raffreddare per alcuni minuti.