Sapete perché l’oro si misura in carati? Sapete cosa sono i carati? No? Bene, i carati sono i semi della carruba. Non stiamo scherzando. Gli antichi greci chiamavano i semi della carruba keraton, diminutivo di keras. Gli arabi, quando li iniziarono a conoscere, “storpiarono” il nome in qirat o qerat. E furono i primi a utilizzarli come unità di misura per l’oro perché questi semi sono tutti della medesima grandezza e quindi, s’ipotizzava, dovevano avere lo stesso peso. In realtà, si è poi capito che non è proprio così e che il peso di due semi di carruba uguali in grandezza può variare fino al 25 per cento. Però la consuetudine di chiamare “carato” l’unità di peso ponderale specifica dell’oro è rimasta.

La carruba, un tempo era comune

Perché siamo partiti da quest’accenno storico? Per farvi capire quanto la carruba fosse un frutto apprezzato nell’antichità e quanto fosse importante. E non solo come misura per l’oro. La storia racconta di come gli antichi egizi la usassero per dolcificare alcuni cibi, visto il suo sapore. Nel Vangelo di Luca è presente nella parabola del figliol prodigo il quale, avendo dissipato tutti i suoi averi, era costretto a pascolare i maiali invidiandoli perché loro potevano cibarsi di carrube e lui neanche di quelle.

La carruba e re Guglielmo

Un cesto di carrube. Foto di G.steph.rocket da it.wikipedia.org. In copertina, carrube, semi e frutti, foto di Roger Culos da it.wikimedia.org.

Le leggende che circondano questo frutto e il suo albero, il cui nome scientifico è Ceratonia Siliqua, sono tante e importanti. In

Sicilia, terra nella quale questa imponente pianta è ancora coltivata, se ne raccontano diverse. La più circostanziata ha a che fare con il duomo di Monreale (bellissimo, se potete, correte a vederlo). Il protagonista è il re di Sicilia Guglielmo II detto “Il Buono”. Guglielmo stava riposando sotto un albero di carrubo quando la Madonna gli venne in sogno e gli disse di scavare sotto l’albero perché avrebbe trovato un tesoro. Guglielmo obbedì e, in effetti, trovò un grande tesoro. Grato alla Vergine, decise che su quel luogo avrebbe costruito un tempio bellissimo. Così nacque, secondo la leggenda, il duomo di Monreale.

La carruba e le sue leggende

Altre leggende, siciliane e non, raccontano che il carrubo sarebbe stato l’albero sotto le cui fronde trovarono rifugio il Bambin Gesù e i suoi genitori durante la fuga in Egitto per sfuggire a Erode ma sarebbe anche l’albero sotto il quale Giuda diede il bacio del tradimento al Salvatore e, proprio ai rami del carrubo, si sarebbe poi impiccato. La versione del bacio si carica di possibili significati allegorici: il tronco da quel giorno avrebbe assunto un andamento contorto; la fioritura improvvisa tipica di questa pianta, non preceduta dall’aprirsi delle foglie, vorrebbe figurare le lacrime di Cristo; il colore acceso dei fiori, la vergogna dell’albero o la perfidia di Giuda. Altre leggende raccontano che sarebbe un albero caro alle streghe e che attirerebbe i fulmini (in realtà, è pericoloso stare sotto qualsiasi albero quando c’è temporale).

La carruba, caratteristiche nutrizionali

Un albero di carrubo. Foto tratta da wikipedia.org.

Vedete quanto la carruba era comune nelle storie di tutti i giorni? E, in effetti, lo è stata perlomeno fino ai primi anni ’50 del secolo scorso, quando era una sorta di “snack” a basso prezzo che le persone potevano gustarsi passeggiando o andando al cinema (mica c’erano i pop corn e le patatine come ora). La scelta era fra carruba e semi di zucca. L’abitudine a mangiarla non era sbagliata. Tutt’altro. Dal punto di vista nutrizionale, le carrube hanno principi nutritivi contenuti prevalentemente nella polpa che separa il baccello dai semi. Sebbene altamente caloriche (circa253 Kcal per 100 g), sono anche ricche di fibre, che le rendono un alimento ad alto potere saziante, e inoltre sono povere di grassi. Hanno un buon contenuto di proteine e di minerali, tra cui: potassio, sodio, fosforo, magnesio, zinco, selenio, ferro. Inoltre, sono un’ottima fonte di vitamine, tra cui vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina E, K.

Le proprietà della carruba

Le carrube, consumate intere o sotto forma di farina nelle diverse preparazioni, apportano numerosi benefici per la salute. Al punto che sono indicate nella prevenzione e nel trattamento di alcuni disturbi, soprattutto quelli legati all’apparato gastrointestinale. Sono ricche di sostanze antiossidanti tra cui i polifenoli, in particolare flavonoidi e tannini contenuti nei semi e hanno un contenuto alto di fibre e di sali minerali. Hanno un effetto antinfiammatorio e antiossidante superiore a quello del cacao. Inoltre, non contengono né caffeina né teobromina: questo fa della farina di carrube, ottenuta invece dalla macinazione dei frutti interi, un ottimo surrogato del cacao per chi non può assumere queste sostanze stimolanti. Le carrube sono in grado di regolare la funzione intestinale e sono indicate sia in caso di stitichezza che in caso di diarrea, a seconda di come le si consumano. Infatti, la farina di semi di carrube ha la proprietà di assorbire grandi quantità d’acqua, e questo la rende un efficace antidiarroico. Invece, la polpa di carruba, grazie al contenuto di fibre e di pectine, è in grado di favorire il transito intestinale con un effetto blandamente lassativo.

La carruba, ottima contro il colesterolo

Numerosi studi hanno dimostrato che i polisaccaridi presenti nelle carrube, in particolare le fibre contenute nella polpa e la

Carrube, foglie e frutti. Foto di Julio Reis da it.wikipedia.org.

gomma nei semi, sono efficaci nel contrastare l’ipercolesterolemia, riducendo i livelli di colesterolo nel sangue. Allo stesso modo, le fibre sono in grado di rallentare l’assorbimento degli zuccheri, favorendo la regolazione della glicemia, riducendo la fame e aumentando il senso di sazietà. Infine, la farina di carrube, grazie alla presenza di fibre e di pectine, aiuta a proteggere le mucose sia dello stomaco che dell’intestino, svolgendo un’azione benefica nel trattamento dei disturbi digestivi, in particolare del reflusso gastroesofageo e del colon irritabile.

In definitiva, questo frutto sarebbe un grande alleato della salute ma lo stiamo dimenticando e rischia di entrare in quel gruppo di “frutti, ortaggi e cibi dimenticati” destinati solo a rimanere nelle storie dei più anziani. Sarebbe un peccato.