Un piatto di trippa. Foto di Sifalcia da flickr.com. In copertina, una foto di Kirk K sempre da flickr.com.

La trippa è un piatto dalla lunga storia culinaria che affonda le sue radici nella tradizione gastronomica italiana. Conosciuta per la sua consistenza unica e il suo sapore ricco, ha conquistato il palato di generazioni di buongustai. Da una cucina povera e dalla necessità di utilizzare ogni parte dell’animale è diventata nel tempo un piatto iconico, apprezzato per il suo sapore unico e la sua versatilità culinaria. In ogni morso di trippa, si possono assaporare secoli di tradizione culinaria che continua a deliziare i palati di tutto il mondo. In quest’articolo, esploreremo l’origine del nome, i diversi appellativi con cui è conosciuta in Italia, la sua storia nel mondo della gastronomia e la preparazione di una delle ricette più tradizionali.

Trippa, l’origine del nome

Secondo alcuni studiosi il termine “trippa” deriva dal latino “trippus”, che significa “frattura” o “doppia piega“, riferendosi alla caratteristica piega della membrana dello stomaco degli animali in cui solitamente si trova questo ingrediente. In molte lingue, il nome della trippa conserva radici latine simili, come ad esempio il francese “tripes“. Proprio partendo da questo “tripes”, altri eruditi pensano che il francese e l’inglese “tripe” derivino, invece, dall’antico gaelico “tarp” che significa mucchio o cumulo. In effetti, le trippe sono il complesso dello stomaco di un bovino o di un maiale (ma anche di ovini e caprini).

“Nun c’è trippa pe’ gatti”

Per quel che riguarda il famoso detto: “Non c’è trippa per gatti”, questo

Ernesto Nathan. Immagine tratta da wikipedia.org.

deriverebbe, secondo la leggenda, da una frase del sindaco di Roma Ernesto Nathan, uno dei primi cittadini più innovatori e incorruttibili che la città eterna abbia mai avuto. Si racconta che, neoeletto sindaco nel 1907, a Nathan fu sottoposto il bilancio per la firma. Nathan lo esaminò attentamente e, quando lesse la voce “frattaglie per gatti”, chiese spiegazioni al funzionario che gli aveva portato il documento. Questi rispose che si trattava di fondi per il mantenimento di una nutrita colonia felina che serviva per difendere dai topi i documenti custoditi negli uffici e negli archivi capitolini. Nathan prese la penna e cancellò la voce dal bilancio, spiegando al suo esterrefatto interlocutore che d’ora in avanti i gatti del Campidoglio avrebbero dovuto sfamarsi con i roditori catturati e, qualora non trovassero più topi, sarebbe anche venuto a cessare lo scopo della loro presenza. Da questo episodio deriverebbe il detto romanesco “Nun c’è trippa pe’ gatti”.

Trippa, appellativi regionali

La trippa è conosciuta con vari nomi a seconda della regione. Da noi in Romagna si chiama semplicemente trippa ma non è raro trovare scritto sui banconi dei macellai il termine centopelli. Il lampredotto così caro ai fiorentini altro non è che una parte della trippa, più esattamente lo stomaco ghiandolare dei ruminanti. Altri nomi regionali sono nido d’ape, cuffia, reticolo, panzone, croce, larga, ciapa… Questa diversità di nomi riflette le differenze culturali e linguistiche presenti nel Paese ed evidenzia la ricchezza e la varietà della lingua italiana, non solo della cucina.

La trippa nella storia

Trippa lavata e pulita, pronta per la cottura. Foto di fugzu da flickr.com.

E’ probabile che le trippe siano state fra i primi alimenti animali mangiati dall’uomo perché, essendo delle interiora, non si conservavano a lungo come zampe, cosce e le altre parti da taglio esterne. Gli antichi greci le arrostivano sul fuoco; i romani ne facevano salamelle. In ogni caso, nel corso del tempo la trippa è sempre stata mangiata. Anche perché nella cultura agricola che ha permeato il nostro Paese fino agli anni ’50 del secolo scorso, nulla andava sprecato e ogni parte dell’animale veniva utilizzata per nutrire le famiglie. La trippa è diventata così un alimento economico e nutriente, che si è poi diffuso ampiamente.

Una ricetta tradizionale, la trippa alla fiorentina

Prima di cucinare la trippa, è essenziale sottoporla a una serie di passaggi di

Trippa alla fiorentina. Foto di Alpha da flickr.com.

preparazione per renderla più tenera e gustosa. La pulizia è una fase fondamentale: la membrana che riveste lo stomaco dell’animale va accuratamente lavata e raschiata per eliminare eventuali residui. Successivamente, viene lessata o bollita in acqua con aromi come cipolla, carota e sedano per ammorbidirla e conferirle un sapore più delicato. Una delle ricette più celebri è quella della “Trippa alla Fiorentina“. Ecco come si prepara. Ingredienti: 500 grammi di trippa pulita e tagliata a striscioline; una cipolla; una carota; un gambo di sedano; due spicchi d’aglio; 400 grammi di pomodori pelati; un bicchiere di vino bianco secco; olio d’oliva extravergine; sale e pepe nero quanto basta. Preparazione: in una pentola, far soffriggere cipolla, carota e sedano tritati finemente con l’olio d’oliva. Aggiungere la trippa pulita e tagliata a striscioline, facendola rosolare per qualche minuto. Versare il vino bianco nella pentola, lasciandolo evaporare completamente. Aggiungere i pomodori pelati e l’aglio, regolando di sale e pepe a piacere. Coprire la pentola e lasciare cuocere a fuoco lento per almeno un’ora, o finché la trippa non diventa morbida. Servire la trippa alla Fiorentina calda, magari accompagnata da una spolverata di parmigiano grattugiato fresco e una fetta di pane toscano croccante.