Ho conosciuto Laura Castellani grazie a un’intervista che ho avuto occasione di farle per una bella rivista patinata locale: “Rimini In Magazine”. Mi sono fatto raccontare la sua storia di “giovane donna contadina” che, a un certo punto e per diversi motivi ha dovuto rinunciare al mestiere che tanto amava. Tuttavia, la sua non è la storia di una “sconfitta”, se così la vogliamo chiamare, perché da quell’esperienza sono nate prima una pagina facebook “Essere contadine, storie di giovani donne in agricoltura” e poi il libro “Contadine si Diventa – Donne in Agricoltura”, stampato da VandA edizioni che Laura sta ancora promuovendo con un gran successo. Ci facciamo raccontare la sua storia?

“Agricoltrice prima della Laurea”

“La decisione di diventare agricoltrice l’ho presa ancor prima di laurearmi nel 2014 – inizia Laura. – Studiavo

Laura Castellani. In copertina, Laura al lavoro nei campi.

Sociologia all’Università di Bologna e, assieme a Marco, il mio compagno, decidemmo di prendere in affitto un orto messo a disposizione dal Comune per i giovani, per gli anziani e anche per le cosiddette fasce di popolazione svantaggiate. Ci siamo avvicinati anche a “Campi Aperti”, un’associazione di giovani contadini che promuove l’agricoltura biologica e la filiera corta. Fra noi, a quei tempi, eravamo soliti dire: “Meglio contadini che precari”. Questi sono stati gli inizi”.

Da Bologna a San Clemente

E poi, che è successo? “Nel periodo in cui stavo preparando la tesi, Marco ed io siamo venuti via da Bologna per coltivare un piccolo appezzamento di proprietà di mio nonno a San Clemente. E’ stato quello il momento in cui ho aperto l’azienda agricola a mio nome. Il terreno contava su soli 3mila metri quadri coltivabili: troppo pochi perché potessero essere redditizi. Allora decidemmo di prendere in affitto altra terra fino ad arrivare a tre ettari e mezzo. Mettemmo in piedi un’attività molto diversificata tra orto, ulivi e vigne”.

Una “neorurale” fra contadini anziani

Laura Castellani durante una presentazione del suo libro,

Tu ti definisci una “neorurale”, cioè una contadina di prima generazione, senza avere alle spalle una famiglia contadina. Cosa significa questo nel mondo dell’agricoltura? “Sono una neorurale perché mio nonno, che pure aveva quel terreno, completamente incolto, non era un contadino ma un muratore. E nessuno in famiglia, dopo di lui, si era dedicato all’agricoltura. Quindi mi sono ritrovata io per prima a fare questo mestiere, senza averne un’idea precisa e partendo da zero. Del mondo dell’agricoltura cosa posso dirti? Di positivo nella mia esperienza c’è stato il recupero della relazione con la terra che la mia generazione ha un po’ perso: i ritmi della natura, la stagionalità dei prodotti, la cura che devi mettere nel lavoro e nella quotidianità. Poi, il fatto di essere giovani; di essere alla ricerca di metodi colturali nuovi; il recupero del rapporto col territorio, cioè di cosa si coltiva e come si coltiva. Di negativo ho trovato che l’agricoltura è un mondo “vecchio”, uno dei settori più senilizzati in Italia e questo rende difficile la relazione con gli agricoltori più anziani, legati a un’idea di agricoltura antica. Ci sono anche pregiudizi: come donna sono stata giudicata non in grado di gestire in autonomia l’azienda o, semplicemente, di guidare il trattore. Invece, io sono stata capoazienda e non solo guidavo il trattore ma mi occupavo anche delle relazioni da mantenere con fornitori e clienti e poi della vendita diretta, del marketing, dei social… componenti del lavoro che non vengono capite dai contadini anziani. Poi c’è il grande problema dell’accesso alla terra. I giovani “neorurali” prendono in affitto appezzamenti semi abbandonati perché non ne trovano di migliori. Fondi per giovani non proprietari di terreni non ce ne sono. Quindi per molti è impossibile iniziare una carriera nell’agricoltura. Finisce per accedervi solo chi ha già terreni di proprietà o in affitto”.

“Contadine si Diventa”, il libro

E’ questo di cui parli nel tuo “Contadine si Diventa”? “Nel libro non parlo della mia esperienza. Piuttosto, è un’inchiesta che indaga esperienze di altre giovani donne neorurali. E’ un libro che vuole far uscire le donne dal cono d’ombra che le oscura nel mondo dell’agricoltura. Nei programmi televisivi si vede spesso la donna contadina che s’impegna in attività tipiche quali la vendita, l’agriturismo, la fattoria didattica… invece io ho voluto dimostrare che sanno essere capoazienda, gestire il lavoro di altri, guidare il trattore… senza banalizzare il racconto”.

“Essere contadine” la pagina facebook

La pagina facebook Essere contadine, storie di giovani donne in agricoltura ha anticipato il libro. Perché

Foto di Hannah Tarazevich da pexels.com.

hai deciso di far nascere questa pagina? “Chiusi l’azienda agricola alla fine del 2017. Nell’estate di quell’anno ci fu la prima grossa siccità dei nostri tempi e capimmo che bisognava avere dei terreni più grandi e fare altri investimenti che non ci potevamo permettere. La pagina nacque nei primi mesi del 2018 perché, in varie assemblee di “Genuino Clandestino”, una comunità che lotta per la sovranità alimentare, incontrai una ragazza che, come me, aveva studiato a Bologna e aveva un passato da femminista. Da lì nacque l’idea della pagina e del libro. C’era l’esigenza di raccontare le difficoltà che può incontrare una donna in questo settore. Ho contattato altre ragazze che avevano altre aziende agricole e da lì si è avviata una sorta di reazione a catena”.

Da contadina a maestra

Oggi tu studi Scienza della Formazione e diventerai maestra. Già ora ti occupi di bambini. La porta dell’agricoltura l’hai chiusa definitivamente? “Mi fanno spesso questa domanda. La verità è che aprire un’azienda agricola oggi è ancor più difficile di quando lo feci io nel 2014. Incidono la crisi climatica che secca terreni e pascoli; la crisi energetica; la guerra; i costi diretti e indiretti che si alzano. Meccanismi di sostegno al reddito degli agricoltori non ci sono e quindi no, non ci sto pensando. Ma il rapporto con l’agricoltura non l’ho mai interrotto: raccolgo la mia uva, le mie olive e curo il mio orto”.