Il dolce natalizio per eccellenza è senza dubbio il panettone, un lievitato che da tradizione meneghina si è diffuso e trasformato in decine di interpretazioni regionali. In questo articolo ne approfondiremo la dimensione artigianale, fondamentalmente per capire cosa distingue un buon panettone preparato da un artigiano, da uno industriale.
Le origini del panettone
Le radici del panettone si perdono nel tempo e si intrecciano tra usi popolari, pane festivo e pasticceria più evoluta. È però ormai accertato che la sua origine è lombarda – e più precisamente milanese. Si registra già nel 1606 la presenza del termine “panaton” nel dizionario milanese-italiano, come “grosso pane dolce di Natale”. La prima ricetta stampata per un “panatoni” appare nel 1853 nel volume Nuovo cuoco milanese economico di Giovanni Felice Luraschi. Precedentemente, un manoscritto del 1470 del precettore degli Sforza Giorgio Valagussa menziona il “rito del ciocco”, secondo il quale il 24 dicembre si metteva sul fuoco un grosso ceppo, e poi si distribuivano fette di pane di frumento per buon augurio.
Le leggende sul panettone
Come per molti prodotti della tradizione, anche al panettone sono associate diverse storie che cercano di spiegare il suo nome e la sua nascita. Ne riportiamo due delle più celebri. La più famosa vuole che, durante una vigilia di Natale a corte nel XV secolo, il cuoco bruciò il dolce preparato per il banchetto. Lo sguattero di nome Toni allora riprese un lievito che aveva tenuto da parte e impastò farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, salvando la cena. Il duca, colpito, lo nominò “pan de Toni”, che col tempo divenne “panettone”. Un’altra tradizione milanese racconta che il 3 febbraio, giorno di San Biagio, ci sia l’usanza di mangiare panettone per “protezione” alla gola. La leggenda vuole che San Biagio salvò un bambino che aveva ingerito una lisca, facendogli mangiare un pezzo di pane morbido, e da allora quel pane si trasformò nella forma del panettone, simbolo di guarigione e buon augurio. Pur affascinanti, queste storie non costituiscono prova documentale dell’origine del dolce, ma contribuiscono al fascino e alla tradizione che lo circondano.
Il panettone artigianale: caratteristiche e processo
Quando parliamo di “artigianale”, ci riferiamo a un prodotto realizzato con metodi tradizionali, materie prime di qualità e tempi di lievitazione più lunghi rispetto alle produzioni industriali. Un panettone artigianale tipico prevede: farina di grano tenero, uova fresche, burro, zucchero, lievito madre (o comunque una lievitazione naturale/plurima), uvetta, scorze di agrumi canditi. Sempre più “scuole” artigiane escludono conservanti, aromi artificiali, grassi vegetali diversi dal burro che trovano spazio nella produzione industriale. Il doppio impasto, la lunga lievitazione (talvolta oltre 24-36 ore) e la modalità di raffreddamento capovolto sono caratteristiche distintive. Un buon panettone artigianale ha mollica soffice, alveolata, profumata; la forma deve essere alta e regolare; l’equilibrio tra burro, zucchero, frutta candita e uvetta deve essere armonioso. Inoltre, la digeribilità è migliore grazie al lungo lievitare e all’assenza di additivi pesanti.
Varianti regionali del panettone
Pur essendo nata a Milano, la produzione del panettone è diventata nazionale e, in molte regioni, ha preso forme e ingredienti locali o reinterpretazioni interessanti. In Piemonte, ad esempio, nasce un panettone leggermente diverso: più basso, spesso con glassa alla nocciola o nocciole piemontesi, talvolta arricchito con marron glacé. In Veneto si sviluppa una variante priva di uvetta e canditi, con copertura croccante di zucchero o mandorle. Una delle versioni più note è quella del dolce veronese “Nadalin”, che pur non essendo propriamente un panettone, ne rappresenta una derivazione locale. In Sicilia troviamo reinterpretazioni che utilizzano materie prime locali: pistacchio di Bronte, cioccolato di Modica IGP, mieli di api sicule, agrumi della zona. In questo modo si crea un panettone “siciliano” artigianale che unisce la tradizione milanese al territorio isolano. In Valle d’Aosta viene proposta una versione “dolce del pane nero” con miele di castagno, fichi secchi, noci. Le varianti regionali nascono dalla voglia di coniugare la tradizione del panettone con i sapori del territorio, dai frutti secchi alle uve, dagli agrumi alle nocciole, fino a varcare la linea tra dolce classico e reinterpretazione moderna. Questo rende il panettone artigianale un dolce della tradizione ma anche della creatività locale.
Perché scegliere un panettone artigianale
Ci sono almeno tre motivi importanti per preferire un panettone artigianale rispetto a una versione industriale. In primis, la qualità delle materie prime: burro vero, farina selezionata, uvetta e canditi di qualità, senza aromi artificiali. Poi, la lievitazione e lavorazione – tempi più lunghi, attenzione alla struttura, al profumo e alla digeribilità. Infine, come abbiamo appena scritto, l’originalità e territorialità, cioè la possibilità di gustare varianti regionali, reinterpretazioni di pasticceri artigiani che esprimono il territorio. Inoltre, scegliere il panettone artigianale significa supportare piccole produzioni, laboratori locali e valorizzare la lentezza del processo, che è visibile anche nel prezzo e nella ricchezza del prodotto. Quando lo scegliamo, possiamo apprezzare non solo la tradizione, ma anche la mano del pasticcere, l’impasto ben lievitato, i profumi del burro e degli agrumi, la mollica soffice.
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Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.
