Negli ultimi anni, il riso Venere si è fatto strada nelle cucine italiane conquistando chef, appassionati e nutrizionisti. Nato da un incrocio tra varietà asiatiche e italiane, realizzato dalla cooperativa agricola SA.PI.SE., ha dato vita a un riso dal colore nero intenso, dal sapore molto aromatico e profumatissimo. Viene oggi coltivato con successo nella Pianura Padana, soprattutto tra Piemonte e Lombardia. Unisce l’esotismo del colore e del profumo con la sostenibilità della filiera, offrendo un’alternativa salutare e gustosa al classico riso bianco.
Cos’è il riso Venere: origini e caratteristiche
Il riso Venere è una varietà di riso integrale nero nata nei primi anni duemila. A differenza del riso nero tradizionale coltivato in Cina, questa varietà è stata adattata ai terreni fertili padani, in particolare nelle province di Vercelli, Novara e Pavia. La sua colorazione scura è dovuta alla presenza di antociani, antiossidanti naturali presenti anche nei frutti di bosco. Oltre al colore, il riso Venere è riconoscibile per il suo aroma intenso e nocciolato, che ricorda leggermente il pane appena sfornato o il legno di sandalo.
Perché scegliere il riso Venere: valori nutrizionali e benefici
Il riso Venere non è solo bello da vedere e buono da mangiare, ma è anche ricco di proprietà nutrizionali. Per esempio, è fonte di fibre. Essendo integrale, mantiene il germe e la crusca, favorendo la regolarità intestinale e un maggiore senso di sazietà. È ricco di minerali: contiene ferro, zinco, selenio e magnesio, preziosi per il metabolismo e il sistema immunitario. È un antiossidante naturale: gli antociani proteggono le cellule dall’invecchiamento precoce. Non ha glutine e dunque è adatto anche a chi soffre di celiachia o intolleranze al glutine. Ha un basso indice glicemico: rilascia lentamente gli zuccheri nel sangue, rendendolo ideale per chi deve tenere sotto controllo la glicemia. Queste caratteristiche fanno del riso Venere una scelta perfetta per chi cerca un’alimentazione sana, senza rinunciare al piacere del gusto.
Una coltivazione sostenibile nel cuore della Pianura Padana
La Pianura Padana è storicamente una delle aree più vocate alla coltivazione del riso in Europa. Negli ultimi anni, le aziende agricole locali hanno investito nella diversificazione colturale, introducendo anche varietà innovative come, appunto, il riso Venere. Grazie all’impiego di metodi di coltivazione sostenibili, tra cui il controllo dell’irrigazione, la rotazione delle colture e l’uso ridotto di pesticidi, il riso Venere prodotto in Italia è spesso certificato come prodotto a basso impatto ambientale. Inoltre, la filiera corta e la tracciabilità delle aziende agricole della pianura contribuiscono a garantire freschezza e qualità al consumatore finale.
Come cucinare il riso Venere: idee e abbinamenti
Il riso Venere ha una cottura più lunga rispetto al riso bianco (circa 35-40 minuti) ma il risultato ripaga dell’attesa. Esistono anche versioni parboiled che cuociono in 18-20 minuti, senza perdere l’aroma tipico. Le sue caratteristiche aromatiche e consistenza soda lo rendono ideale per diverse preparazioni. È perfetto per le insalate estive: provatelo con gamberetti, zucchine e menta, oppure con salmoni affumicati, avocado e pompelmo rosa. Il contrasto di colori e sapori è sorprendente. Servito tiepido, si abbina bene a piatti di pesce alla griglia, pollo marinato o verdure al vapore. Aggiungendo un filo d’olio extravergine e limone, si ottiene un contorno leggero e raffinato. Può diventare protagonista in bowl con legumi, tofu o tempeh, oppure in zuppe etniche con curry e latte di cocco. È una base perfetta per chi segue una dieta vegana o plant-based. Pur non avendo l’amido dei classici risi da risotto, può essere mantecato con formaggi erborinati, funghi porcini, o un tocco di tartufo per creare piatti eleganti e creativi. Un aspetto affascinante del riso Venere è la sua versatilità nel dialogare con le tradizioni gastronomiche locali. Nella cucina lombarda può essere usato al posto del riso bianco per un’insalata in stile mantovano con zucca e mostarda. In Piemonte, accompagna carni brasate e formaggi d’alpeggio.
L’immagine di copertina è stata creata da un programma di intelligenza artificiale.

Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.