Sentirsi dare del carciofo non è bello perché è un modo di dire che significa: “sei tonto e stupido”.

Un campo di carciofi a Pleubian, in Bretagna (foto di JLPC da commons.wikimedia.org). In copertina, il carciofo spinoso di Albenga (foto di Radiuk da commons.wikimedia.org).

Peggio ancora se se lo sente dire una donna perché oltre che stupida, la si ritiene anche brutta. Cosa avrà mai fatto di male il carciofo per essere associato a immagini così negative? Pure Ludovico Ariosto affermava in uno dei suoi scritti che: “Durezza, spine e amaritudine molto più vi trovi che bontade“. Questa pianta non stava simpatica neanche a lui. Il carciofo si prende comunque le sue rivincite in cucina e in medicina, visto il largo uso che se ne fa e, a dir la verità, se pensiamo cha Marylin Monroe fu la prima miss “Regina del Carciofo” al festival che si tiene ogni anno a Castroville, in California, dal 1949… beh! L’immagine del carciofo legato alla bruttezza davvero scompare.

C’è poi un altro motivo per il quale il carciofo dovrebbe starci simpatico: l’Italia è leader mondiale della produzione con circa 380mila tonnellate l’anno. Grazie a questo volume, il Bel Paese produce circa il 30% della valore mondiale. La superficie coltivata è di circa 47mila ettari dislocati soprattutto in Puglia, Sicilia, Sardegna e Campania. Va anche detto, però, che la superficie coltivata italiana (e mondiale) sta calando, a causa della scarsa remuneratività di questa coltura.

Dal punto di vista storico, dobbiamo distinguere fra il carciofo domestico (Cynara scolymus) e quello selvatico (Cynara cardunculus), ovvero il cardo. Quest’ultimo pare fiorisse dapprima in medio oriente e sia stato poi importato nell’antico Egitto e da lì in Grecia e in Etruria. La prima “trasformazione” di un cardo in carciofo pare possa essere avvenuta in Sicilia, a partire dal primo secolo dopo Cristo. Proprio in piccoli orti della Sicilia centro-occidentale (nei dintorni di Mazzarino) ancora oggi si conserva un’antica cultivar che, sotto il profilo morfo-biologico e molecolare, sembrerebbe una forma di transizione tra il cardo selvatico ed alcune delle varietà di carciofo di più ampia diffusione.

Capolino di carciofo fiorito (foto di Emiliano Russo da wikipedia.org).

Il nome latino Cynara viene, come spesso accade, dalla mitologia greca. Si narra che Zeus si innamorò dell’attraente ninfa Cynara, dai capelli biondo cenere (da cui il nome), di carattere ritroso ma di cuore tenero e gentile. La ninfa lo respinse e Zeus, colmo di rabbia, la trasformò nel carciofo come lei spinoso, ma dolce e saporito. Dall’Italia la coltivazione della benefica pianta si espande in tutta Europa: dalla Francia (c’è chi dice introdotta da Caterina de’ Medici) alla Spagna, fino all’Olanda. Sono proprio i neerlandesi ad esportare il cultivar in Inghilterra mentre spagnoli e francesi lo portano negli Stati Uniti, principalmente in California e Louisiana.

Si fa presto a dire carciofo… In verità, le varietà sono tante e sono classificate secondo diversi criteri. In base alla presenza e allo sviluppo delle spine, ad esempio, si distingue fra spinose e inermi. Secondo il colore del capolino (cioè del fiore), si distingue fra violette e verdi e, guardando alla crescita, si distinguono varietà rifiorenti (che fioriscono in autunno e anche a primavera) e unifere che crescono solo dopo la fine dell’inverno. Fra le varietà più famose si annoverano il Brindisino, il “Paestum” (carciofo IGP proveniente dall’omonima città della magna Grecia), lo Spinoso sardo, lo Spinoso d’Albenga, il Catanese, il Verde di Palermo, il carciofo di Montelupone, la Mammola verde, il Romanesco, il Mazzaferrata di Cupello, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il Violetto di Niscemi.

Come scrivevamo all’inizio, di questa verdura se ne fa un uso molto ampio in cucina. Il basso contenuto

La torta Pasqualina. Foto di Roger469 da wikimedia.org

calorico la rende utile nelle diete dimagranti. In Liguria il carciofo viene inserito nella torta pasqualina come variante delle bietole. A Roma troviamo il carciofo alla Romana (stufato in olio doliva, brodo vegetale, prezzemolo, aglio e mentuccia), il carciofo alla Giudia (intero e fritto in olio di oliva); il Fritto di carciofi in pastella e l’insalata di carciofi (crudi a lamelle). E’ presente anche nella cucina regionale siciliana e in tante ricette di pasta (si pensi alle lasagne coi carciofi) e poi in polpette, frittate, flan…

Noi vi suggeriamo una ricetta facile facile: se amate i carciofi potrete gustarveli tutto l’anno se farete un bel sottolio di carciofini fatto in casa e lo conserverete nei vasetti. Questo è l’occorrente: due chili di carciofini freschi; un litro di aceto bianco; olio extravergine di oliva q.b.; due limoni; due cucchiai di sale grosso; pepe in grani; quattro spicchi d’aglio. E questa la preparazione: pulite i carciofini. Rimuovete le parti esterne troppo dure, le foglie e la barba interna, e una volta ricavato il cuore, lasciatelo in ammollo in acqua e succo di limone per almeno un’ora e mezza. prendete una pentola capiente e scaldate l’aceto con l’acqua e il sale. Se utilizzate un litro di aceto, usatene due di acqua. Fate bollire i carciofini per circa cinque minuti e quando saranno pronti, lasciateli raffreddare a testa in giù su una teglia foderata con carta forno. A questo punto, riempite i barattoli con i carciofini tagliati o interi, olio extravergine fino all’orlo, aglio e pepe. Prima di farlo, assicuratevi di aver sterilizzato i barattoli in maniera adeguata. Conservate in un luogo fresco e asciutto e aspettate qualche giorno per lasciare che le verdure s’insaporiscano per bene prima di consumarli.