Oggi sarebbe definito un “talento multimediale” e, in effetti, Orio Vergani è stato uno di quei giornalisti pieni d’inventiva
che si è divertito a fare tante cose e tutte bene. Tant’è che oggi è riconosciuto come uno dei maestri del giornalismo del XX secolo. E certamente a lui si sono ispirati altri grandi della professione come Gianni Brera e Bruno Raschi, soprattutto per quel che riguarda la ritrattistica sportiva e il racconto delle grandi imprese nel ciclismo e non solo. Pensate che Vergani fu inviato al seguito del Giro d’Italia e del Tour de France per ben venticinque anni. Non so se sia un record ma quel che posso dire è che i suoi editori si fidavano ciecamente di lui e della sua professionalità. Quando Fausto Coppi lo precedette nella morte di pochi mesi, fu lui ha scrivere l’iconica frase: “Il grande airone ha chiuso le ali”.
Vergani scrittore, attore, fotografo, giornalista…
Orio Vergani, all’anagrafe Vittorio, nacque a Milano il 6 febbraio 1898 e vi morì nel 1960. Non fu solo un giornalista, come abbiamo appena accennato: fu scrittore, attore, fotografo (è ritenuto il primo fotoreporter italiano) e “agitatore d’idee”. E’ possibile che su tanta creatività abbia influito la famiglia. Le professioni di casa, da più di cento anni prima della sua nascita, erano legate alla letteratura, al giornalismo e al teatro. I fratelli maggiori della madre erano Vittorio Podrecca, fondatore del “Teatro dei Piccoli”, e Guido Podrecca, deputato socialista e fondatore del settimanale satirico “L’Asino”. La sorella di Orio, Vera, fu la prima interprete teatrale assoluta de “Sei Personaggi in Cerca d’Autore” di Luigi Pirandello il quale, dopo aver letto i racconti del giovane Orio, affermò che era “il più promettente fra i suoi discepoli”. A quindici anni pubblicò la sua prima novella; a venti il suo primo libro di racconti brevi; a venticinque debuttò come attore al Teatro degli Indipendenti di Anton Giulio Bragaglia con la pièce “Un Vigliacco”; a ventisei fu chiamato da Ugo Ojetti al Corriere della Sera, dove lavorò per trentaquattro anni. Fu tra i primi scrittori italiani a interessarsi di arti “nuove” come il jazz, il cinema e la coreografia. Fu uno dei fondatori del premio letterario Bagutta, il più antico d’Italia e fu il primo promotore della “Accademia Italiana della Cucina”. Che è poi il motivo per il quale parliamo di lui.
La nascita dell’Accademia Italiana della Cucina
Il 29 luglio 1953, nel giardino dell’Hotel Diana di Milano, si riuniscono quattordici dei diciassette fondatori di quest’associazione, capitanati proprio da Vergani. Perché Vergani decide di spingere sull’importanza della cucina italiana? Orio è tornato da poco dal Tour de France e, come tutti gli anni, ha visto come l’imponente macchina organizzativa della “Grande Boucle” sia in grado di valorizzare la Francia: i suoi paesi; le sue campagne; le città e anche l’enogastronomia. Egli pensa che prodotti e cucina italiana non siano da meno di quelli dei transalpini e che occorra un ente in grado di sancirne la grandezza e la bontà. Anche per contrastare la massificazione della produzione che, col benessere derivato dalla fine della seconda guerra mondiale e dal boom economico, minaccia le originalità nazionali e regionali. E, in effetti, da quel momento l’Accademia Italiana della Cucina si dedicò alla promozione e alla preservazione delle tradizioni culinarie italiane.
Cosa fa l’Accademia Italiana della Cucina?
Oggi i suoi membri sono appassionati di gastronomia e svolgono un ruolo attivo nell’assaggiare e valutare i ristoranti
italiani in patria e all’estero per garantire che rispettino le tradizioni culinarie nostrane. Il compito principale dell’Accademia è, però, di raccogliere, studiare e documentare ricette tradizionali del Belpaese e mettere in evidenza i prodotti e i piatti regionali. Le sue pubblicazioni di ricette e guide sono famose, così com’è riconosciuto il suo impegno nell’organizzazione di eventi. In sintesi, l’Accademia è un’importante istituzione che lavora per mantenere vive le tradizioni culinarie italiane e promuovere la conoscenza e l’apprezzamento della nostra enogastronomia in tutto il mondo. L’obiettivo che si è data in questi ultimi anni è altissimo: candidare la cucina italiana a patrimonio dell’Unesco.
Chissà se Orio Vergani e i suoi primi prestigiosissimi diciassette associati s’immaginavano già da allora l’importanza che l’Accademia della Cucina Italiana avrebbe rivestito negli anni a venire?
Flavio Semprini è un giornalista professionista free-lance. Scrive di sport, enogastronomia, edilizia e turismo e si occupa di uffici stampa e comunicazione per aziende, associazioni ed enti sia pubblici che privati. Ha scritto diversi libri, alcuni sulla cucina romagnola, utilizzando per questi ultimi il doppio pseudonimo di Luigi Gorzelli/Paolo Castini.