La crema di pistacchio sta avendo un successo importante. Non quanto la famosa crema al cioccolato e nocciole che tutti conosciamo ma si sta ritagliando un bel posto sugli scaffali dei supermercati. Oltre che trovarla in pratici barattoli per guarnire i nostri dolci fatti in casa, la troviamo sempre più spesso come ingrediente di panettoni, pandori e altri dolci natalizi e pasquali. E pensare che una volta il pistacchio era solo nel gelato o come ingrediente della mortadella (a seconda delle lavorazioni). Visto che è così di moda, vediamo di conoscere un po’ meglio questo frutto.

Il pistacchio, nato in Persia

Linneo in un dipinto di Alexander Roslin (1775). Foto wikipedia.org. In copertina, una foto di Sarah Chai da pexels.com.

Il nome scientificoPistacia Vera” glielo ha dato Linneo, il botanico e naturalista svedese padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi vissuto nel Settecento, ma la pianta era conosciuta fin dall’antichità. Secondo Ateneo di Naucrati, uno scrittore egiziano di lingua greca del secondo secolo dopo Cristo, diversi autori greci a lui precedenti già avevano scritto del pistacchio e ne avevano collocato la coltivazione in Siria, Persia e India chiamandolo bistachion, pistakia o pistakion. Ancora oggi l’Iran, la moderna Persia, con più di 550mila tonnellate, è il maggior produttore mondiale davanti agli Usa (450mila) e alla Turchia (240mila). Al quarto posto la Cina (75mila) e poi la Siria (28mila tonnellate ma in calo per via della guerra). L’Italia è un po’ più indietro ma, crisi varie permettendo, si avvicina alle 7mila tonnellate ed ha una produzione in crescita.

Pistacchio, le coltivazioni italiane

La nostra è una coltivazione più “di nicchia” ma di qualità molto alta. Sono famosi anche all’estero i pistacchi di Bronte, in provincia di Catania. Nel territorio di questo Comune si contano circa 5mila produttori, la maggior parte con appezzamenti di un ettaro ciascuno e qualche grosso produttore con un multiplo di ettari. Complessivamente questo tipo di pistacchio, coltivato anche ad Adrano e Biancavilla a precise altezze e su terreni indicati per conservare la DOP, genera una ricchezza di circa 35/40 milioni di euro e copre il 90 per cento della produzione siciliana e più della metà di quella italiana. Un altro pistacchio italiano che inizia a conquistare quote di mercato interessanti è quello di Stigliano, in Basilicata. Ha una storia recente. L’idea, inconsueta per la Basilicata, balena nella testa di Innocenzo Colangelo negli anni ‘90, ed è quella di importare degli alberi di pistacchio per piantarli nella piccola azienda di famiglia, a 350 metri sul livello del mare e affacciata sul fiume Sauro. Assecondando l’intuito, Innocenzo e il fratello Nicola partono per la Grecia e vanno a incontrare il rettore dell’Università di Atene, una personalità nel campo dell’agronomia che, convinto della bontà dell’idea, segue i due fratelli in Italia per fare una perizia sull’idoneità del terreno. Il verdetto è assolutamente incoraggiante e i Colangelo, con non poche difficoltà (la libera circolazione delle merci in Europa aveva ancora molti ostacoli) organizzano la prima spedizione dalla Grecia verso il porto di Brindisi delle prime piante di pistacchio destinate alla Basilicata.

Pistacchio, le leggende

Anche sul pistacchio, come su tanti altri frutti e piante di madre terra, esistono varie storie. Si dice che la

Gelato al pistacchio (foto di Anastasia Belousova da pexels.com).

regina di Saba e il re babilonese Nabucodonosor secondo ne fossero ghiottissimi tanto da farne piantare nei loro possedimenti. E una romantica e antica leggenda persiana racconta che gli amanti fossero soliti incontrarsi di notte sotto le foglie del pistacchio per ascoltare il crepitio dei frutti che si schiudevano alla luce della luna. Anche il pistacchio di Bronte ha la sua leggenda. Secondo questo mito a Bronte i ciclopi Sterope e Piracmon, fratelli di Polifemo e figli di Urano e Gea, fabbricavano i fulmini di Zeus nella loro fucina dentro l’Etna. E quando il padre di tutti gli dei era scontento del loro lavoro e della fede dei dei brontesi, scatenava l’Etna per punire tutti ma, se era felice, regalava una rigogliosa fioritura di pistacchio.

Il pistacchio, quanto fa bene?

Dal punto di vista botanico il pistacchio è un albero che generalmente arriva a cinque o sei metri d’altezza ma può toccare anche i dodici metri e vive circa 300 anni. Cresce lentamente e ha un ciclo biennale. In realtà, la pianta dona frutti tutti gli anni ma è molto soggetta ad alternanza di produzione, si hanno perciò anni di carica e anni di scarica (detti comunemente così per la quantità di frutti). I coltivatori scelgono di annullare la produzione negli anni di scarica per aumentarla in quelli “buoni”. Dunque il ciclo biennale è un po’ “forzato” ma più redditizio. Ha fiori unisessuali ed è dioico (cioè ci sono pistacchi con soli fiori maschili e pistacchi con soli fiori femminili). Normalmente un albero maschile, piantato sopravento, può produrre abbastanza polline fino a fecondare dieci piante femminili. La fioritura avviene nel mese di aprile e la raccolta dei frutti a settembre-ottobre. Che è il motivo per cui ne scriviamo proprio in questo periodo.

Per quel che riguarda i valori nutrizionali, un etto di pistacchi apporta 608 calorie (83% di lipidi; 12% di proteine; 5% di carboidrati) ed è straricco di vitamine. Tra queste: 4 mg di vitamina E; 2 mg di vitamina C; 1,4 mg di niacina; 0,1 mg di riboflavina; 43 µg di vitamina A; 972 g di Potassio; 500 mg di fosforo; 1 mg di sodio; 7,3 mg di Ferro 158 mg di magnesio. Davvero un super alimento per il benessere del corpo, se non si esagera con le quantità.