La scorsa settimana abbiamo parlato di un condimento essenziale per la cucina: il sale. Noi tutti sappiamo che

Una bacca di pepe di Cayenna (foto Wikipedia). In copertina, foto di Temitope Amodu da Unsplash.

l’eccesso nell’uso di questo ingrediente può portare a problemi di salute quali l’aumento della pressione arteriosa e malattie cardio e cerebro vascolari. In effetti, sempre più persone stanno trovando delle alternative al sale: succo di limone, pepe, salsa di soia, miso e… peperoncino il quale, se usato moderatamente, ha addirittura un effetto terapeutico. Infatti, è ricco di vitamine e di sali minerali (di potassio in modo particolare); favorisce la secrezione di succhi gastrici e facilita la digestione; migliora la circolazione; è un cardio protettivo; è un anticolesterolo; aiuta i capillari a rimanere elastici e migliora l’ossigenazione del sangue. Queste funzioni sono dovute agli acidi grassi insaturi presenti nel seme, che rinforzano i vasi sanguigni.

E’ senz’altro una delle spezie più amate in Italia, specialmente nel Sud del Paese e in particolar modo in Calabria che è la patria del peperoncino nello Stivale (di quello autoctono ne esistono ben undici qualità!) e la cui produzione si distingue per gusto, piccantezza e aroma nel mondo. Tuttavia non stiamo parlando di una pianta nata in Italia ma in Messico, nazione nella quale ancor oggi troviamo numerose varietà locali. Quelle più conosciute sono lo jalapeno, il serrano, il tabasco e l’habanero, originario della penisola dello Yucatan.

Pietro Andrea Mattioli ritratto da Moretto da Brescia (foto Wikipedia).

Come potete facilmente intuire, il peperoncino arrivò in Europa dopo la “scoperta” dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492. Come il pomodoro, per un po’ di tempo, fu considerato una pianta ornamentale, capace di dare allegria a una casa con i suoi colori. Fu il medico senese Pietro Andrea Mattioli, nel Cinquecento, a capire che poteva essere usato in altri modi e a scriverne nelle sue opere. Mentre, nel 1644, fu il cuoco fabrianese trapiantato a Napoli Antonio Latini (che abbiamo già conosciuto quando abbiamo scritto del pomodoro e delle castagnole), a inserire il peperoncino in un ricettario di cucina.

Una piccola digressione a proposito del peperoncino e di Napoli… La cultura popolare radicata attorno al Vesuvio vede in un cornetto a forma di peperoncino un potente amuleto anti iella. Gli studiosi ritengono che le origini di questa credenza risalgano addirittura alla preistoria quando i “cavernicoli” erano soliti ornare gli ingressi dei propri antri con corna di animali uccisi. Più queste corna erano grosse, più aumentava il prestigio dell’occupante della caverna che si presumeva fosse virile e fortunato se aveva avuto la meglio su un animale evidentemente bello grosso. Con lo scorrere dei secoli, le corna sono passate dagli antri delle caverne agli elmi dei guerrieri e a immagini mitologiche come quelle della cornucopia, fonte infinita di ogni abbondanza. Ecco come si spiega che il peperoncino, così simile, nella forma, a un corno, sia diventato un amuleto portafortuna. Ma perché quest’antica credenza abbia attecchito così tenacemente proprio nel napoletano, questo non lo sappiamo.

Tornando a questioni più scientifiche, il peperoncino può appartenere a specie diverse. Infatti, ne esistono tre

Peperoncini della qualità Carolina Reaper (foto Wikipedia).

famiglie: Capsicum Annuum, Capsicum chinense e Capsicum frutescens. Oltre a ciò, venendo ormai coltivato in tutto il mondo, anche le diversità climatiche e di terreno hanno influito sulle trasformazioni degli aromi, del colore e del gusto. Chiaro che utilizzando peperoncini di tipo diverso in cucina, si ottengono “sfumature” differenti nei cibi. Quindi, come fare a non sbagliarne l’utilizzo o la quantità?

Insomma, come si fa a non esagerare? Ricordiamoci che il peperoncino (come il sale), se consumato in maniera eccessiva può dare problemi. Soprattutto allo stomaco. In aiuto ci può venire la scala di Scoville. Nel 1912 Wilbur Scoville ideò i primi esperimenti sui peperoncini, in modo da comprenderne la piccantezza. Da tali esperimenti è derivata, appunto, la scala di Scoville, ancora oggi preciso punto di riferimento botanico. Finora, il peperoncino più piccante secondo questa graduatoria è l’americano “Pepper X” che ha un’intensità pari a 3.800.00 unità sulla scala Scoville. Per darvi una pietra di paragone, il peperoncino calabrese, che per me è già piccantissimo, vale 30.000 unità. Con quali dei due condireste gli spaghetti?