La città di Modena e il suo territorio sono famosi per le bontà culinarie e i prodotti alimentari

Una zuppa inglese. In copertina, la Ghirlandina, simbolo di Modena (foto tratte da Wikimedia Commons).

che rendono questo pezzo dell’Emilia-Romagna uno dei più “appetibili” per i gourmet di tutto il mondo. Vedasi l’articolo della prestigiosa rivista americana Forbes che abbiamo citato qualche mese fa. Tortellini (in coabitazione con Bologna), cotechino, zampone, “cappello da prete”, salama da sugo, tigelle, gnocco fritto, borlenghi, aceto balsamico tradizionale, ciliegie di Vignola, Lambrusco doc e la zuppa inglese della quale abbiamo raccontato  storia e leggenda proprio in questo blog, rendono grande questa provincia.

Ma c’è un insaccato storico, oggi pressoché sconosciuto, che qualche anno fa è stato comunque incluso nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali emiliani e romagnoli, cioè quelli che il Ministero delle politiche agricole e alimentari riconosce come “davvero” tipici di una Regione. Si tratta della salsiccia gialla di Modena che, nel dialetto della Ghirlandina, viene chiamata sulzezza zala bouna e fina. Di quale leccornia stiamo parlando? Qual è la sua storia?

Va detto che questa particolare salsiccia è stata cibo famoso e ambito durante il Rinascimento e anche prima, per poi essere man mano dimenticata e, letteralmente, scomparire e morire. Fino al 2005 nessuno ne seppe più niente. Anzi, pareva che questo salume fosse solo un parto della fantasia di qualche persona anziana o di qualche cultore dei tempi andati. Poi, un giovane cuoco di Campogalliano, moderno dottor Frankenstein, ne riscoprì la ricetta e la “resuscitò”, facendola tornare agli onori delle cronache culinarie. Andiamo con ordine…

Testi legislativi dell’epoca, raccontano che attorno alla metà del Cinquecento, a Modena, vi era una grandissima produzione di “carne salata” (cioè di insaccati). Vengono citati: “Coppa, pancetta, mortadella, lardo salato, prosciutto, salame e salsiccia rossa o gialla”. Quest’ultima, per essere in regola con i disciplinari di produzione del tempo, doveva contenere: “Carne di maiale, spezie, zafferano, formaggio grana e uova”. Che fosse considerata cibo prelibato lo conferma un documento del 1565 in cui si legge che la città di Modena regalò ad Alfonso II d’Este, in occasione

Alfonso II d’Este (foto Wikimedia Commons).

del suo matrimonio, diversi prodotti alimentari, inclusi diciassette chili di salcizzotti zalli. Alcuni testi di quel periodo riportano altre composizioni della salsiccia gialla. Ad esempio, nel 1549, Cristoforo da Messisbugo, dignitario/scalco di Alfonso I d’Este, pubblica “Banchetti composizioni di vivande e apparecchio generale”, un importantissimo testo di tecnica gastronomica e bon ton che raccoglie ricette da tutta Europa e oltre (contiene la prima descrizione in assoluto della Torta Hebraica). In quest’opera, Cristoforo descrive la ricetta della salsiccia gialla così come la eseguiva la corporazione dei lardaiuoli modenesi: “Carne di maiale amalgamata con sale, pepe, zenzero, cannella, chiodi di garofano, zafferano e formaggio grana grattugiato”.

La salsiccia gialla continua a essere citata in documenti ufficiali e testi per tutto il Seicento, Settecento e fino al 1821. Nel 1614, ad esempio, la ritroviamo nel poema eroicomico “La Secchia Rapita” un testo che abbiamo già affrontato quando abbiamo parlato di tortellini. Scrive il Tassoni, bolognese autore dell’opera:
“… L’oste dal Chiù, Zambon dal Moscatello,
facea tra gli altri una crudel ruina,
una zazzera avea da farinello,
senz’elmo in testa e senza capellina.
Si riscontrò con Sabatin Brunello,
primo inventor della salsiccia fina,
che gli tagliò quella testaccia riccia
con una pestarola da salsiccia…”

Nell’Ottocento, come detto, scompare da qualsiasi racconto scritto. La ricetta cade in disuso forse perché è un cibo per ricchi (dato che le spezie utilizzate erano allora molto costose); inoltre, soffre senz’altro la concorrenza di altri insaccati e salumi più semplici e meno costosi. Dal 1821, dobbiamo aspettare il 2005 quando Paolo Reggiani, chef del ristorante Laghi di Campogalliano, assieme a Rosalba Caffo Dallari, studiosa di gastronomia, letteralmente resuscita la ricetta della salsiccia gialla attualizzandola al gusto moderno. C’è anche un interessantissimo video che lo riprende mentre la prepara in budello naturale. Non resta che fare un giretto a Campogalliano per gustarla e tuffarsi in un sapore dei secoli scorsi.